Anafilassi, cos’è e chi rischia di più lo shock anafilattico

L'anafilassi può interessare diversi organi ed apparati: cosa la provoca, i sintomi anche gravi, i test per riconoscerla

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Federico Mereta

Giornalista Scientifico

Laureato in medicina e Chirurgia ha da subito abbracciato la sfida della divulgazione scientifica: raccontare la scienza e la salute è la sua passione. Ha collaborato e ancora scrive per diverse testate, on e offline.

A volte capita di leggere di una persona che è andata incontro a sintomi gravi, a volte anche con le difficoltà a respirare, dopo una o più punture d’insetto. Ma magari per il contatto ravvicinato con un alimento. O ancora dopo la somministrazione di un farmaco. Alla fine, all’origine di queste reazioni c’è sempre un fenomeno. Si chiama anafilassi. È legata ad una risposta abnorme ad uno stimolo. E può purtroppo dare il via a seri problemi di salute, primo tra tutti lo shock anafilattico.

Cos’è e perché viene l’anafilassi

L’anafilassi è una manifestazione che può interessare diversi organi ed apparati, dalla pelle fino alle mucose con manifestazioni che ricordano quelle dell’orticaria, all’apparato respiratorio con crisi asmatiche, al mal di pancia con nausea e diarrea fino al calo drastico della pressione arteriosa.

In genere per parlare di vera e propria anafilassi occorre comunque che i sintomi siano particolarmente seri. In termini generali l’anafilassi nei bambini è più tipicamente causata dall’allergia ad alimenti mentre con l’avanzare dell’età, la situazione cambia. Nell’adulto, infatti, i farmaci ed il veleno di imenotteri (api, vespe) divengono più frequentemente gli agenti che sono alla base delle anafilassi.

I pericoli di api, vespe e calabroni

Secondo quanto riportano gli esperti che hanno studiato la situazione nell’ambito della campagna “Punto nel vivo” in media da uno a otto soggetti su cento potrebbero sviluppare una reazione allergica senza essere a conoscenza delle conseguenze. L’allergia al veleno di imenotteri può provocare reazioni localizzate (dal 2,4 al 26 per cento) o severe reazioni sistemiche (dall’1 al 8,9 per cento) di tipo respiratorio e cardiocircolatorio che si possono complicare fino alla morte, con circa dieci casi all’anno accertati in Italia.

Gli imenotteri sono particolarmente temuti perché il veleno di questi insetti, contiene sostanze come le fosfolipasi A2, le ialuronidasi, l’apamina e la mellitina. A queste si debbono sia il dolore e il ponfo nella zona della puntura sia il rischio di shock anafilattico nelle persone predisposte.

Calabroni e vespe, in particolare, oltre alle sostanze sopracitate contengono anche nel veleno contiene una specifica proteina chiamata antigene 5. Sarebbe anche per questo motivo, oltre che per il fatto che possono pungere più volte di seguito, che il dolore della puntura è più intenso rispetto a quello provocato dalle api e può causare qualche linea di febbre. Anche se spesso il gonfiore e il dolore vengono sottovalutati, con questi composti, il rischio di allergia è dietro l’angolo.

Si può scoprire chi svilupperà i rischi maggiori?

Diciamolo. Caso per caso, solo il medico può indicare quali esami fare e come comportarsi in base al profilo di rischio di sviluppare una reazione anafilattica, ricordando che in genere in chi è predisposto a questa reattività eccessiva i problemi tendono ad aumentare ad ogni contatto “pericoloso” con il fattore scatenante. Ma c’è comunque modo di capire qualcosa sul livello di sensibilità al veleno di vespe e simili. Come? Prendete un centimetro. Se in seguito a una puntura avete avuto una reazione sulla pelle di oltre dieci centimetri di diametro, con gonfiore arrossamento e prurito, e se i fastidi si prolungano per almeno tre giorni, consideratevi a rischio. E parlatene con il medico.

Più o meno 5-10 persone che hanno avuto una reazione di questo tipo al primo inoculo di veleno rischiano in caso di ulteriore puntura di andare incontro a risposte potenzialmente gravi, che possono arrivare anche allo choc anafilattico. Non sottovalutate insomma i nemici volanti delle belle giornate, e in particolare gli imenotteri come api, vespe, calabroni e bombi. È fondamentale, se il corpo reagisce in modo eccessivo al veleno, parlarne con il proprio medico e sottoporsi alle necessarie prove allergiche, che vanno eseguite non prima di 3-4 settimane dalla reazione.

I rischi negli alimenti

Latte vaccino, uova, soia, grano, arachidi, noci e frutta a guscio, pesce e molluschi. Non si tratta di una classifica, sia chiaro. Ma abbiamo riportato in ordine sparso gli alimenti che più frequentemente scatenano prurito, mal di pancia, problemi respiratori, ovvero i fastidi delle allergie alimentari. Il rischio è presente soprattutto tra i bambini.

L’allergia alimentare costituisce la prima causa di anafilassi in età pediatrica, oltre ad essere la seconda causa di anafilassi nell’adulto. In pratica ingerire cibi che contengono un allergene cui si è ipersensibili può determinare prurito, arrossamento ed orticaria quando la reazione si concentra sulla pelle. Se invece i sintomi interessano l’albero respiratorio compaiono i fastidi tipici della rinite come naso chiuso o starnuti a ripetizione, la fame d’aria che è figlia dell’asma e l’edema della glottide, che porta a “bloccare” la possibilità di respirare. Infine, il classico mal di pancia con vomito e diarrea apparentemente senza motivo giustificano la reazione eccessiva in chi manifesta i sintomi digestivi.

L’allergia alimentare IgE-mediata (ovvero con un aumento significativo delle immunoglobuline “sbagliate” che provocano la razione dopo l’assunzione di una sostanza normalmente non nociva) è quindi un’importante malattia cronica che si manifesta infatti con sintomi di varia intensità. Il pericolo nasce quando la liberazione dei mediatori dell’allergia determina una reazione davvero imponente, perché si può arrivare anche allo shock anafilattico che comporta il rapido coinvolgimento di tutti questi apparati e del sistema cardiocircolatorio.

Come si scopre l’allergia

Prima di parlare di allergia verso uno o più alimenti occorre sempre sottoporsi ad esami mirati. Ci sono infatti test diagnostici che permettono di identificare le singole proteine allergeniche a cui i pazienti sono sensibilizzati che vanno correlate con la storia clinica, i test cutanei ed i test di tolleranza orale. Tra questi va ricordato il Prick-test.

Si fa sulla pelle dell’avambraccio e mette direttamente in contatto la reazione “errata” del sistema immunitario, con le sostanze potenzialmente allergizzanti grazie ad una “graffiata” che fa entrare l’estratto di allergene sotto la pelle. Se compare un arrossamento l’alimento è “sospettabile”. In caso di Patch-test invece l’estratto allergenico dell’alimento viene invece appoggiato sulla pelle sana e ci rimane per 48 ore: se col tempo compare un arrossamento, significa che esiste una risposta anomala nei confronti di quel cibo e si può sospettare una forma di allergia, che va confermata con la storia clinica.

Tra i test maggiormente richiesti c’è anche la determinazione delle IgE specifiche. Si effettua con un prelievo di sangue che viene inviato in laboratorio. Consente di determinare la quantità delle immunoglobuline “allergiche” specifiche per un determinato allergene, quelle che “sbagliando” reagiscono nei confronti di un alimento in caso di allergia.

Cosa succede nell’anafilassi

Partiamo da un presupposto. Le reazioni ad una puntura d’insetto o ad altri allergeni sono ovviamente diverse da persona a persona. E purtroppo se l’individuo è particolarmente sensibile a sviluppare tutta una serie di reazioni si può andare verso uno shock anafilattico particolarmente grave, con una risposta abnorme del sistema immunitario dell’organismo nei confronti di sostanze che normalmente non dovrebbero dar luogo a problemi particolarmente intensi.

Il veleno delle vespe contiene diverse sostanze, come l’istamina, quella che normalmente concorre a determinare l’infiammazione ed è un fattore chiave nella risposta allergica, oltre ad enzimi come la fosfolipasi. In chi è ipersensibile alla loro azione, questi principi chimici possono determinare quadri di diversa gravità.

La forma più blanda si manifesta con una specie di orticaria generalizzata con un forte prurito. Se il quadro è più grave si associano anche vertigini, nausea, vomito, diarrea e senso di peso al torace. Poi si può giungere alla fase dell’edema della glottide (cioè una sorta di restringimento per le vie attraverso cui passa l’aria).

Infine, si può arrivare anche ad un calo drastico della pressione arteriosa con un conseguente interessamento del cuore, cui possono far seguito un vero e proprio collasso e la perdita di coscienza, con la morte, a meno che non si intervenga rapidamente con una fila di adrenalina.

Si può prevenire lo shock anafilattico?

Sul fronte delle cure, è importante sempre parlarne con il medico. In termini generali i primi due livelli ci si basa soprattutto su farmaci antistaminici e derivati del cortisone, mentre nelle forme più gravi occorre avere a disposizione rapidamente una fiala di adrenalina, che può consentire di arrivare al pronto soccorso. Per chi sa di essere allergico, invece, conviene pensare alla prevenzione. Esiste la possibilità di sottoporsi ad una terapia desensibilizzante specifica, che offre validi risultati in elevata percentuale di casi. Parlatene con l’allergologo.

Puntate sulla prevenzione

L’eliminazione del cibo che potrebbe essere responsabile di reazioni allergiche è ovviamente fondamentale per prevenire problemi in chi manifesta sintomi dopo queste sollecitazioni a tavola. Quindi ricordate di leggere con attenzione le informazioni e di tenere presente che esistono anche possibilità di allergie “crociate”, con antigeni che si possono ritrovare in diversi alimenti e non solo, e soprattutto di contaminazioni.

Chi è particolarmente sensibile in questi casi può avere problemi anche di fronte ad un contatto davvero infinitesimale con l’allergene. Per il resto, parlando di punture d’insetto, occorre avere sempre con sé nelle aree a rischio una fiala di adrenalina predosata, per poter contenere immediatamente i sintomi e consentire un più agevole ricovero in ospedale. Inoltre, sarebbe importante evitare di dedicarsi al giardinaggio e proteggersi con cappello, maglia e pantaloni lunghi, evitando di muoversi a piedi scalzi, quando ci si trova in aree potenzialmente a rischio. Non solo.

Sappiamo che esistono alcuni elementi che possono attirare i calabroni. Ad esempio quando si vede un insetto di questo tipo bisognerebbe evitare di muoversi di scatto. E possono anche funzionare da richiamo vestiti di colori molto sgargianti o neri, profumi, deodoranti, lacche e shampoo particolarmente profumati. Un’ultima raccomandazione: lo sport fa bene, ma per chi è allergico l’attività fisica crea una condizione del corpo che può anche richiamare questi insetti, aumentando il rischio di punture.

Come riconoscere l’insetto che ci ha punto e come comportarsi

La prima misura da prendere dopo una puntura d’insetto, anche per capire il rischio di sviluppare segni e sintomi particolarmente seri legati all’allergia è riconoscere il “nemico” volante che ci ha attaccati. Il pungiglione delle api, ad esempio è seghettato e quindi rimane infisso nella sede della puntura. È opportuno estrarlo nel più breve tempo possibile perché questo diminuisce la dose iniettata.  Occorre aiutarsi con una punta smussa (anche l’unghia) con un movimento dal basso verso l’alto senza utilizzare pinze o schiacciarlo tra le dita poiché il sacco velenifero alla base del pungiglione potrebbe iniettare ulteriore veleno, per applicare poi del ghiaccio.

Anche per vespe e calabroni occorre innanzitutto estrarre il pungiglione se questo è rimasto nella pelle – previa disinfezione – occorre applicare ghiaccio che ha azione antiinfiammatoria ed eventualmente pomata antiistaminica. La situazione ovviamente cambia se c’è il rischio di shock anafilattico: in questi casi chiamare subito il 118 e farsi accompagnare al Pronto soccorso è fondamentale.

Le quattro mosse da adottare in caso di shock anafilattico

  1. Chiamare aiuto. È fondamentale chiamare il 118, se si è fuori da un ospedale, specie se si è da soli e non si sa come utilizzare correttamente l’autoiniettore di adrenalina, un rimedio salvavita che la persona allergica dovrebbe avere con sé.
  2. Mantenere una posizione comoda. Non è necessario ad esempio che il paziente sia steso supino quando si ha difficoltà a respirare. In caso di sensazione di svenimento, è necessario sdraiarsi e sollevare le gambe di 30-40 gradi.
  3. Evitare di offrire da bere e mangiare. Il paziente vittima di uno shock anafilattico, quando sta male, non deve ingerire nessun cibo solido o liquido per bocca. anzi lo espone, in caso di perdita di coscienza, al rischio concreto di inalazione di materiale gastrico.
  4. Proteggersi per il futuro. Dopo la fase acuta, a distanza di qualche settimana, occorre sottoporsi a prove allergiche specifiche per il veleno degli imenotteri. Ogni insetto può rilasciare sostanze specifiche e l’eventuale immunoterapia va studiata caso per caso.

Cosa è l’immunoterapia specifica

Come detto, è basilare il fattore tempo: occorre intervenire il prima possibile con una iniezione di adrenalina, che può consentire di guadagnare preziosi minuti e far arrivare la persona al pronto soccorso. Questa sostanza può essere disponibile per chi ha già avuto gravi forme di allergia alle punture di imenotteri e calabroni sotto forma di penne predosate, che consentono una facile iniezione. Vanno sempre consigliate dall’allergologo di riferimento e tenute a portata di mano.

Attenzione però: Per chi ha già sofferto di episodi gravi, esiste la possibilità di sottoporsi ad una terapia desensibilizzante specifica, che offre validi risultati nell’80-90 per cento dei casi ed ha un’efficacia abbastanza prolungata. È una sorta di “vaccino” che abitua progressivamente il corpo a non reagire troppo intensamente in caso di puntura, come avviene ad esempio per numerosi pollini. Questo approccio è disponibile per diversi potenziali allergeni e va indicato dal medico.

Fonti bibliografiche

Shock anafilattico, Ospedale Bambino Gesù

Punto nel Vivo

Allergicamente