Varicella, cos’è, come si riconosce, come si affronta

La varicella è una malattia infettiva causata dal virus VZV e può dar luogo a complicazioni soprattutto negli adulti: sintomi, cure e vaccino

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Federico Mereta

Giornalista Scientifico

Laureato in medicina e Chirurgia ha da subito abbracciato la sfida della divulgazione scientifica: raccontare la scienza e la salute è la sua passione. Ha collaborato e ancora scrive per diverse testate, on e offline.

C’è chi porta una piccola cicatrice sul volto, chi invece ha il “timbro” della malattia “stampato” sul torace o in altre aree del corpo. E per molte persone, soprattutto in età avanzata, c’è il rischio di una “riaccensione” del virus, che comporta il doloroso “fuoco di Sant’Antonio”. La varicella è una malattia che può lasciare il segno del suo passaggio. E a volte non si tratta di qualche impercettibile ricordo che permane sulla pelle. Bastano queste semplici caratteristiche per capire come e quanto sbagli chi considera la varicella una malattia banale, anche se spesso viene così interpretata.

Il virus della varicella, lo stesso che provoca in tarda età l’Herpes Zoster, si trasmette con estrema facilità attraverso le goccioline di vapore acqueo che escono dalla bocca o con il contatto diretto con le lesioni. Purtroppo l’intervallo tra il contagio e la comparsa dei segni dell’infezione può essere anche di alcune settimane, e quindi la malattia si diffonde con grande facilità. Il rischio di complicanze è purtroppo reale e quindi si punta sulla vaccinazione per limitare i pericoli.

Perché la varicella non sottovalutare la varicella

La varicella è una malattia endemica, cioè sempre presente in Italia, che in alcuni periodi può dar luogo localmente ad ondate epidemiche, in particolare nei mesi invernali. È causata dal virus varicella-zoster (VZV), in grado di dar luogo ad una patologia particolarmente contagiosa, e non solo nell’infanzia. Generalmente è percepita come una patologia benigna nel bambino, ma non sempre è così: si può infatti associare ad una serie di complicanze come infezioni a carico della pelle o dei tessuti molli, polmonite, disfunzioni del sistema nervoso centrale, sindrome di Reye. Nell’adulto è correlata con un incremento della morbosità e mortalità. Questo dato è particolarmente significativo visto che, in era pre-vaccinale, mediamente 15 persone su 100 non venivano contagiate nei primi anni di vita e quindi sviluppavano l’infezione dopo l’adolescenza, con un aumento dei rischi di complicazione.

Come si trasmette il virus della varicella

Il virus VZV, identificato circa 1 secolo fa è appartenente alla famiglia degli Herpesviridae ed è un virus a DNA. Il passaggio da cellula a cellula è ritenuto il meccanismo principale che, nel corso dell’infezione naturale, contribuisce alla disseminazione virale a livello cutaneo.

L’unico serbatoio di infezione è rappresentato dall’uomo e la varicella ha un tipico andamento endemo-epidemico. La varicella viene classificata tra le malattie aero-diffusibili. La trasmissione più frequente è da persona a persona attraverso goccioline di Flugge (bollicine di vapore acqueo sospese nell’aria) o per contatto di un soggetto suscettibile con le lesioni cutanee di un paziente affetto da varicella o herpes zoster (quello nell’adulto è noto come il fuoco di Sant’Antonio). Il paziente con herpes zoster diffonde il virus prevalentemente attraverso le lesioni cutanee e più di rado mediante le secrezioni delle vie aeree.

Come si manifesta la varicella?

Il periodo di incubazione della varicella varia da 14 a 16 giorni. L’intervallo che intercorre tra il contagio e la manifestazione clinica della malattia (esantema) può prolungarsi fino a 28 giorni se al soggetto sono state iniettate immunoglobuline specifiche. In seguito all’infezione il virus VZV diventa latente e tenuto sotto controllo dall’immunità cellulo-mediata del sistema immunitario.

Mal di testa, qualche linea di febbre ed una sensazione di spossatezza e malessere generale precedono normalmente la comparsa delle tipiche lesioni, che interessano soprattutto il torace e l’addome, ma poi possono svilupparsi in ogni parte del corpo, dapprima arrossate e molto pruriginose, poi più giallognole fino a trasformarsi in croste. La fase acuta della malattia dura in media da quattro giorni a una settimana e dopo circa tre settimane anche le ultime croste scompaiono. Di norma l’infezione è particolarmente contagiosa solo nei primissimi giorni di malattia e quasi sempre dopo una settimana dalla comparsa delle prime vesciche il malato non è più in grado di infettare chi gli sta vicino.

Perché la varicella può essere pericolosa per gli adulti

Quando l’infezione viene contratta in età adulta assume un decorso più prolungato e si manifesta con una sintomatologia più invalidante rispetto a quanto osservabile in età pediatrica. La correlazione diretta tra frequenza e gravità delle complicanze e aumento dell’età d’acquisizione dell’infezione è confermata da un numero significativo di casi di ospedalizzazione negli adulti.

In particolare l’eruzione cutanea estesa, talvolta emorragica o accompagnata da polmonite, è negli adulti un problema medico rilevante. Si ritiene che la propensione degli adulti a sviluppare forme di varicella gravi sia da rapportarsi al fatto che questi hanno risposte primarie cellulo-mediate più basse rispetto ai bambini. A molti anni di distanza il virus latentizzato si può riattivare, provocando l’Herpes zoster, comunemente chiamato fuoco di Sant’Antonio e caratterizzato da un rash molto doloroso.

I soggetti a rischio

Generalmente il rischio di complicazioni legate all’infezione è più elevato per i ragazzi di età maggiore di 15 anni rispetto a quelli d’età superiore a un anno.  Tra le complicanze che la varicella può causare ricordiamo le sovrainfezioni batteriche, l’otite media, l’endocardite, la polmonite e complicanze del sistema nervoso centrale che comportano sequele a lungo termine e un incremento dei tempi di degenza.

Se la malattia viene contratta durante la gravidanza sia la mamma che l’embrione/feto possono andare incontro a serie complicanze. Per quanto riguarda la mamma, la gestante può andare incontro ad una forma serie di varicella, soprattutto se la malattia è contratta negli ultimi tre mesi della gravidanza. Il neonato può invece andare incontro a varicella neonatale grave se la mamma ha sviluppato l’infezione nel periodo compreso dai 5 giorni precedenti ai 2 giorni successivi al parto. Esiste anche la sindrome della varicella congenita se la mamma si infetta tra l’ottava e la ventesima settimana di gravidanza.

Come affrontare la varicella

Le lesioni cutanee della varicella vengono tipicamente a “gettate” (fino a 4-5 gettate) ed iniziano come macchie un po’ rilevate, si trasformano in vescicole con liquido chiaro (tipo piccole ustioni) e si trasformano poi in croste. Nell’arco di alcuni giorni il bambino presenta un quadro cutaneo definito “a cielo stellato” in quanto si trovano lesioni in vari stadi evolutivi: dalla macchia alla crosta. n alcuni casi si trovano pochi elementi in altri il corpo si riempie di lesioni dappertutto (cuoio capelluto, genitali, mucose).

La terapia per via generale (per bocca) con farmaci antivirali non va fatta a tutti i bambini ma solo nei soggetti a rischio valutati come tali da medico curante.  Costanti della varicella sono il prurito e l’aumento di volume delle ghiandole linfatiche specie al collo alle ascelle e all’inguine. A volte si associa tosse.

Per il prurito si può utilizzare un antistaminico per alcuni giorni e far fare dei bagnetti tiepidi con amido o altre sostanze che leniscano il prurito. Le lesioni cutanee si trasformano in croste in genere in 5 giorni, durante la malattia si può fare la doccia o il bagnetto con la precauzione di asciugarlo tamponandolo delicatamente. Le croste cadono da sole e non è il caso di mettere niente. Per la tosse, anche se fastidiosa, conviene fare aerosol senza cortisonici che non vanno usati nella varicella e umidificare l’ambiente. Utili sono anche rimedi popolari, come il classico latte e miele. Nelle forme più serie il pediatra può indicare un sedativo della tosse.

Si può prevenire la varicella con i farmaci?

In teoria, dopo un possibile contagio, la prevenzione sarebbe possibile vaccinandosi entro tre giorni dal possibile passaggio del virus. Ma il vaccino va valutato insieme al pediatra visto che se il contagio è all’interno della famiglia la vaccinazione potrebbe essere meno efficace. Non sembra invece avere significato l’utilizzo di farmaci antivirali nel bambino per la prevenzione della varicella in quanto non porta benefici reali, a fronte di costi certi senza una riduzione del rischio di complicanze.

Inoltre la profilassi farmacologica nel bambino sano può favorire una mancata sieroconversione e rendere il bambino stesso suscettibile di ammalarsi in epoca più adulta. Tenendo conto di alcuni fattori di rischio, però, una profilassi può essere presa in considerazione. Nei casi più a rischio di complicanze (adolescenti, persone con malattie respiratorie croniche o in trattamento con steroidi) e nei casi secondari familiari si può ricorrere a farmaci antivirali. La terapia antivirale non è raccomandata nei bambini con varicella altrimenti sani.

Come funziona il vaccino per la varicella

La varicella è una malattia prevenibile con il vaccino.  Il vaccino è molto efficace e viene somministrato da solo o in associazione insieme al vaccino per morbillo, rosolia e parotite. L’età migliore per effettuarlo è tra i 12 e i 15 mesi; una seconda dose intorno ai 5-6 anni. Non è indicato in gravidanza e nei soggetti immunodepressi, perché fatta con un virus vivo attenuato. Sul fronte dei potenziali effetti collaterali occorre ricordare che in circa un caso su cinque il bimbo vaccinato sviluppa una reazione cutanea molto più attenuata rispetto alla classica varicella, e un modesto rialzo della temperatura corporea. L’obiettivo primario di sanità pubblica della vaccinazione antivaricella è rappresentato dalla riduzione del numero di casi di varicella con complicanze e ospedalizzazioni, oltre al più generale contenimento della morbosità della malattia.

Varicella e fuoco di Sant’Antonio, qual è il legame?

Per poter andare incontro al fuoco di Sant’Antonio bisogna essere venuti a contatto con il virus della varicella: per questo chi ha avuto la classica infezione che colpisce in età pediatrica può essere esposto anche al rischio di una ripresa dell’infezione, causata dal virus che non per nulla si chiama “varicella-zoster”.

Pur se anche i giovani possono essere colpiti dal fuoco di Sant’Antonio, questo si manifesta più frequentemente dopo i 40 anni con un’incidenza che cresce costantemente. Sopra i 60 anni, ad esempio, è statisticamente dieci volte superiore rispetto ai bambini. ci sono poi situazione di rischio particolare. Ad esempio chi ha assunto a lungo farmaci che agiscono sul sistema immunitario, per ridurne l’attività come accade ad esempio con i derivati del cortisone, è a rischio più elevato, come del resto chi sta lottando con un tumore o chi è sieropositivo per il virus dell’Hiv/Aids.

Per i bambini, invece, il rischio pare salire nel caso in cui le madri hanno “fatto” la varicella durante la dolce attesa, in particolare nelle ultime settimane di gravidanza. In tutti i casi, le persone che hanno avuto il fuoco di Sant’Antonio possono andare incontro a ricadute o a tempi molto lunghi prima di eliminare le lesioni, pur se più spesso in pratica la comparsa delle lesioni rappresenta una specie di “richiamo” per l’infezione. Quindi il sistema immunitario, stimolato dalla ripresa del virus che corre lungo le vie nervose, riprende a riconoscerlo come nemico, reagendo immediatamente in caso di ripresa.

L’evoluzione della varicella in fuoco di Sant’Antonio

Quando ci ammaliamo di varicella alcuni virus entrano all’interno di particolari gruppi di cellule nervose, chiamati gangli sensoriali. All’interno di questi “fortini”, che inviano segnali al cervello sulle sensazioni termiche e dolorifiche, possono rimanere per anni. Quando si è particolarmente deboli, o magari si vive un periodo di intenso stress, il virus si riattiva.

Quando ciò avviene lo stesso virus scende lungo le vie nervose che prendono il via dal corpo del neurone e arrivano fino alla pelle: iniziano i problemi. In genere la diffusione del virus si verifica su una specifica “fascia” nervosa chiamata tecnicamente dermatoma, perché il virus stesso si propaga lungo le strade anatomicamente tracciate. Quindi risulta colpito un lato del corpo (torace o addome) e del viso. L’infezione si manifesta quasi sempre con bruciore, formicolio o forte prurito. L’area interessata è ben delimitata. Dopo qualche giorno compaiono poi le pustole classiche, piene di liquido, che ricordano quelle della varicella. Il dolore può essere molto intenso.

Chi rischia di più il fuoco di sant’Antonio

La patologia virale acuta è determinata dalla riattivazione, anche a distanza di anni o addirittura di decenni, dell’infezione latente da virus varicella-zoster nelle radici dei gangli del sistema nervoso. L’incidenza di Herpes Zoster aumenta considerevolmente al superamento del 50 anno d’ età (8-12 casi su 1000 nei soggetti di oltre 80 anni). Nei soggetti immunocompromessi le stime dell’incidenza variano da 9 a 92 casi su 1000 persone e sono ancora più elevate negli adulti che hanno subito un trapianto di cellule ematopoietiche, un trapianto di tumori solidi o da chi affetto da neoplasie maligne.

Per questo appare importante proteggere i soggetti ad alto rischio, per età o per fragilità, come può avvenire per chi soffre di diabete, chi affronta un tumore, chi ha problemi renali o respiratori cronici, chi fa i conti con malattie neurologiche o di pertinenza reumatologica. Occorre prestare particolare attenzione alla nevralgia post erpetica (anche se esistono altre complicanze, meno frequenti come sovrainfezione batterica delle lesioni, disseminazione cutanea, infezione polmonare, miocardite, esofagite, pancreatite) . Questa si sviluppa nel circa 10-30% dei casi e quasi nella metà dei soggetti sopra gli 80 anni. la riaccensione della malattia può essere prevenuta con la vaccinazione.

Fonti bibliografiche

Varicella, Istituto Superiore di Sanità

Varicella, Ospedale pediatrico Bambino Gesù

F. Marolla, Varicella, quanto è pericolosa?, Uppa