Tumori della mammella, perché non sono tutti uguali e come si affrontano

Sono diversi per forme e categorie e oggi si possono affrontare con terapie “su misura” specifiche per ogni donna

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Federico Mereta

Giornalista Scientifico

Laureato in medicina e Chirurgia ha da subito abbracciato la sfida della divulgazione scientifica: raccontare la scienza e la salute è la sua passione. Ha collaborato e ancora scrive per diverse testate, on e offline.

La diagnosi è sempre la stessa: tumore al seno. Ma all’interno di questa definizione ci sono tante diverse categorie che differenziano una lesione dall’altra, tanto che oggi si parla di patologie – e quindi cure – specifiche per ogni donna. Oggi lo specialista è in grado infatti di capire, in base alle caratteristiche delle cellule tumorali e alle mutazioni che subiscono, come affrontare la patologia e predisporre la terapia “su misura” per ogni singolo caso.

Recettori sì, recettori no

In prima battuta, grazie alla biopsia sul tessuto prelevato dal chirurgo e analizzato dall’esperto, si può scoprire innanzitutto se ci sono recettori specifici che possono “guidare” la terapia. Si tratta di “segnalatori” che si trovano sulle cellule e ricevono “indicazioni da sostanze che circolano nel sangue, come ad esempio gli ormoni. La cellula neoplastica può quindi risentire di questi stimoli. La forma più comune è il tumore della mammella positivo ai recettori ormonali: se questi sono presenti, l’unità maligna ha stimoli che le consentono di replicarsi e riprodursi meglio. La presenza di questi recettori viene solitamente considerata in base alla loro quantità: se il loro numero è più elevato, infatti, l’azione sullo sviluppo cellulare è maggiore. In genere in circa due casi su tre di tumore la patologia si presenta con queste caratteristiche, sia pure se con “quantità” diverse. Diversa è la situazione in caso di positività ad HER-2.  Il tumore in questo caso è caratterizzato dalla produzione in eccesso di un gene che viene “espresso” in quantità eccessive: questo si comporta come un recettore ed è presente sulla membrana esterna delle cellule patologiche. In questo senso la positività all’HER-2 (HER2+) diventa una caratteristica del tumore: in media circa un caso su quattro dei tumori ha queste caratteristiche. Ovviamente la presenza dei recettori non è sempre così specifica per cui è possibile avere anche una doppia sensibilità. Esiste infine una terza possibilità, ovvero l’assenza totale di recettori. Questa situazione si verifica nel tumore triplo-negativo: in questo caso le cellule tumorali sono negative sia ai recettori ormonali che all’HER-2. Mediamente circa il 15 per cento delle lesioni presenta queste caratteristiche: il quadro è più comune nelle donne giovani.

Quando il tumore diventa avanzato

In cinque-dieci casi su cento quando il tumore al seno viene scoperto ha già dato metastasi a distanza. E più o meno tre donne su dieci svilupperanno questa situazione nel corso della vita, anche dopo una diagnosi di tumore in stadio precoce e conseguenti terapie fin dall’inizio della malattia. In questi casi la diffusione del tumore dal seno interessa altre zone del corpo, come ossa, fegato, polmone o cervello. Il tumore della mammella metastatico, a differenza della forma non metastatica, è un tumore che ha invaso i vasi sanguigni e/o linfatici ed ha raggiunto altri organi e tessuti, sviluppando nuove sedi di malattia a distanza macroscopicamente visibili.  In Italia vivono più di 37.000 donne con diagnosi di tumore della mammella metastatico: il 10% circa di queste ha un’età compresa fra i 40 e i 49 anni, quindi si tratta di donne giovani, nel pieno della loro vita familiare e professionale, come madri, mogli e lavoratici. In questi casi, la malattia ha un impatto profondo sull’intera famiglia. Da qui la necessità di opzioni terapeutiche innovative che garantiscano quantità e qualità di vita.