Risonanza magnetica: cos’è, a cosa serve, quanto dura e preparazione

La risonanza magnetica è un esame non invasivo molto utile per diagnosticare patologie o problemi legati a diversi distretti del corpo. Ecco a cosa serve, quanto dura e come prepararsi al meglio.

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Antonella Lobraico

Editor specializzata in Salute & Benessere

Specializzata nella comunicazione online, ha collaborato con testate giornalistiche, uffici stampa, redazioni tv, case editrici e agenzie web in progetti su Salute e Benessere.

La risonanza magnetica, un po’ come la maggior parte degli esami medici, può causare timori e dubbi. Questi ultimi riguardano spesso la durata, lo svolgimento, la preparazione, possibili controindicazioni. In ogni caso, ci sarà un medico a cui fare riferimento per tutta la durata dell’esame e al quale comunicare preventivamente le proprie condizioni di salute ed eventuali stati di ansia.

Che cos’è e a cosa serve

La risonanza magnetica (RM) è un esame diagnostico non invasivo che sfruttando campi magnetici ad alta intensità, fornisce immagini molto dettagliate utili per la diagnosi di un gran numero di patologie che possono interessare le ossa, quanto le articolazioni, i muscoli, la cartilagine, gli organi.

Può essere impiegata anche in campo oncologico per valutare la risposta dei tumori al tipo di trattamento che si sta eseguendo. Oppure può essere eseguita prima di effettuare un intervento chirurgico: le immagini restituite consentono infatti di osservare in modo più preciso e dettagliato – rispetto a una radiografia o a una TAC – la parte del corpo interessata. Tra le risonanze magnetiche più comuni rientrano quelle utili:

  • per diagnosticare le dimensioni e la posizione di uno o più tumori al seno;
  • per rilevare problemi ad organi posizionati nella parte addominale del corpo come fegato, reni, cistifellea;
  • per diagnosticare tumori al cervello o valutare possibili danni a questo organo a seguito ad esempio di un ictus;
  • per individuare fratture, infiammazioni, problemi degenerativi che interessano la colonna vertebrale o l’apparato muscolare, oppure in presenza di condizioni quali la lesione dei menischi nel ginocchio o della cuffia dei rotatori nella spalla;
  • per rilevare patologie del sistema nervoso centrale e periferico.

Inoltre, grazie agli avanzamenti tecnologici degli ultimi anni, la risonanza magnetica può essere impiegata anche per patologie gastroenterologiche e cardiache dove movimenti involontari (ad esempio il battito cardiaco o il respiro) vengono superati proprio grazie ad apparecchiature ad alto campo magnetico. Come accennato, non si tratta di un esame invasivo in quanto per la sua esecuzione, non vengono impiegate sostanze radioattive o raggi X.

Come funziona

Esistono diversi tipi di macchinari che consentono di eseguire la risonanza magnetica aperta o la risonanza magnetica chiusa. Quest’ultima è di solito quella che genera più ansia perché potrebbe essere poco tollerata da chi soffre di claustrofobia, a differenza di quella aperta che rende l’esame di più semplice esecuzione. Tuttavia, bisogna considerare che la risonanza magnetica aperta non è adatta per l’osservazione di tutte le parti del corpo in quanto restituisce una minore qualità delle immagini.

In cosa consiste la risonanza magnetica? Dopo aver indossato un camice che viene fornito dal personale medico di turno, ci si sdraia su un lettino scorrevole posizionato all’interno di un cilindro cavo – aperto a entrambe le estremità – e caratterizzato da un magnete molto potente da cui partono fasci di onde radio. In base alla parte del corpo che necessita di essere esaminata, si potrà essere introdotti dalla testa o dai piedi. A questo punto, bisogna restare il più possibile immobili in quanto la posizione assunta incide sulla qualità dell’esame. Nel frattempo, il lettino scorre avanti e indietro per permettere ai macchinari di analizzare la parte del corpo oggetto di esame.

In alcuni casi la risonanza magnetica può essere accompagnata dall’iniezione di mezzo di contrasto, ovvero una sostanza (il gadolinio) che aiuta a individuare meglio aree anomale all’interno del corpo.

Al termine dell’esame si può tornare a casa, anche guidando l’auto: non ci sono infatti particolari limitazioni eccetto che per casi specifici.

Quanto dura

La durata della risonanza magnetica può variare in base alla parte del corpo sottoposta ad esame. Può durare 15-20 minuti per distretti poco ampi fino ad arrivare anche a 60 minuti nel caso di zone vaste o che comprendono più distretti. In quest’ultima situazione c’è la possibilità di alzarsi per qualche minuto tra una sequenza e l’altra.

Come prepararsi

In genere, la risonanza magnetica non prevede una preparazione particolare. Nei giorni precedenti l’esame infatti si può seguire l’alimentazione solita e assumere i farmaci consueti. Ci sono però delle piccole accortezze da seguire tra cui:

  • evitare di indossare elementi metallici (orologi, cinture, bottoni, chiavi, gioielli, piercing, tessere magnetiche, cellulare, protesi dentarie mobili, lenti a contatto, apparecchi per l’udito) che vanno comunque tolti prima dell’esame perché potrebbero provocare interferenza;
  • evitare di truccarsi o di applicare della lacca sulla testa se si deve eseguire una risonanza magnetica in questa aerea perché questi prodotti potrebbero contenere elementi metallici.

Nel caso in cui sia prevista l’iniezione a contrasto con gadolinio, il medico potrebbe valutare un trattamento specifico per evitare eventuali reazioni allergiche a questa sostanza. Allo stesso modo, per le mamme che stanno allattando e che devono eseguire la risonanza magnetica con mezzo di contrasto, viene chiesto di raccogliere prima dell’esame il latte per le 24 ore seguenti, in modo da non rischiare che la sostanza possa passare al bambino.

Controindicazioni

Ci sono casi in cui la risonanza magnetica non può essere eseguita o è sconsigliata ad esempio:

  • su pazienti che portano strutture metalliche come protesi, valvole cardiache, viti. Nel caso in cui siano presenti protesi metalliche fisse si può valutare lo svolgimento dell’esame tenendo conto che la parte da esaminare deve essere lontana dalla protesi stessa;
  • su portatori di pacemaker;
  • su donne in dolce attesa per i primi 3 mesi di gestazione. Nei mesi seguenti, l’esecuzione della risonanza magnetica deve avvenire dietro valutazione medica;
  • su soggetti che soffrono di claustrofobia.

Inoltre, le donne portatrici di un contraccettivo uterino devono accertarsi, a seguito della risonanza magnetica, che questo non si sia spostato per effetto dei campi magnetici prodotti durante l’esame.

La risonanza magnetica non è dolorosa, tuttavia si possono riscontrare dei fastidi come ad esempio un leggero senso di claustrofobia, una sensazione di riscaldamento in alcune parti del corpo, un rumore forte causato dalla macchina in funzione (che può essere risolto con l’applicazione di tappi per le orecchie e cuffie che vengono fornite dal personale medico), contrazione involontaria muscolare.

In generale, si tratta di fastidi leggeri che non devono destare preoccupazione. Diversamente, nel caso in cui si accentuino o se si hanno dubbi, è bene avvisare prontamente il medico.

Insomma, la risonanza magnetica è un esame che proprio per il suo carattere non invasivo, non richiede particolari attenzioni e non provoca dolore. Basta seguire i suggerimenti del personale medico e l’esame si svolgerà senza problemi.