Si chiama Wabi Sabi ed è la filosofia che (finalmente) elogia l’imperfezione

Ci aiuta ad amarci per quelle che siamo. Perché non dobbiamo accettarci, ma celebrarci. Perché la perfezione assoluta non esiste, ma non è neanche necessaria

Come un eureka improvviso, come una giornata di sole che prepotentemente spazza via le nubi più nere, come una visione chiarificatrice, così è il Wabi Sabi, quella filosofia orientale che ci aiuta ad apprezzare la bellezza semplicemente per quello che è: imperfetta e incompleta.

Wabi-sabi è una filosofia che proviene dal mondo giapponese e che indica una visione estetica e contemplativa dell’imperfezione che per natura appartiene a tutte le cose. E in una società in cui apparire è più importante di essere, questa ci può permettere di riscoprire un nuovo modo di osservare e percepire il mondo che abitiamo, e anche noi stesse.

Le sue radici affondano nell’antichissima dottrina buddhista dell’anitya, eppure mai come oggi, questa visione ci sembra così rivoluzionaria e necessaria affinché ci riappropriamo della bellezza più autentica che ci appartiene, quella imperfetta.

E possiamo farlo iniziando a guardare di nuovo il mondo che ci circonda, le sue contraddizioni, quelle che cose che abbiamo criticato e additato e che però nascondono un’affascinante essenza che si svela solo se osservata da un’altra prospettiva. Così è il Wabi Sabi. Una filosofia che ci permette di ricominciare da noi stessi in un altro modo, intraprendendo un cammino personale, puro e autentico, fatto di comprensione e imperfezione.

Accogliere e non accettare, è questo il principio cardine di questa filosofia, perché accettando, e sforzandoci di farlo, giudichiamo e sopportiamo. E non è così che dovrebbe essere. Piuttosto dobbiamo aprirci a nuove prospettive, utilizzare punti di vista differenti per il resto. Solo così possiamo cambiare radicalmente il modo di vivere la nostra vita, gli ostacoli, i cambiamenti e tutto ciò che ci riguarda.

Al bando l’individualismo e il controllo, la perfezione da mostrare e da dimostrare agli altri, la frustrazione di non riuscire e di fallire. Il Wabi Sabi può diventare la voce della nostra anima, quella che spesso nascondiamo per paura del giudizio. Può trasformarsi nel pensiero rivelatore di tutte le cose visibili e invisibili. Può aiutarci a scoprire e riscoprire noi stesse, ad amarci per quelle che siamo, senza accettarci, ma celebrandoci. Perché la perfezione assoluta non esiste, ma non è neanche necessaria.