Viviamo costantemente sotto la pressione e l’ossessione di fare la scelta giusta vivendo, spesso, dei conflitti interni tra morale e ribellione. Se fossimo le protagoniste di una vignetta, probabilmente, saremmo raffigurate con un angelo e un diavoletto sulle spalle, entrambi impegnati a suggerirci la cosa da fare. Ma perché la scelta giusta deve sempre trasformarsi in una sorta di battaglia epica tra bene e male?
Forse perché da una parte sentiamo il bisogno di seguire le esigenze della coscienza, ma dall’altra il richiamo del peccato, e il timore di sbagliare, ci tentano e ci rendono vulnerabili. Tuttavia, questa visione ossessiva rispetto alle scelte giuste da compiere, molto spesso ci porta a mettere a tacere i nostri desideri più reconditi. La paura è sempre la stessa: compiere una scelta sbagliata, far soffrire qualcuno, mandare a pezzi quello che abbiamo costruito.
Per quanto contraddittorio possa sembrare, non c’è nulla di più vero che chi ha sempre fatto la scelta giusta non sa nemmeno la metà sulla natura e i modi di operare la scelta giusta, di chi ha fatto le scelte sbagliate
– Thomas Hardy
Forse non è vero che esiste sempre una scelta giusta e una sbagliata, forse possono essere entrambe giuste ed entrambe sbagliate a seconda della prospettiva dalle quali queste si guardano. Insomma, meglio per chi? Per noi? Per gli altri? Per quelli che ci vogliono in un determinato modo? Per le istituzioni e la società?
La verità è che ogni prospettiva ha, probabilmente, le sue ragioni per mettere in dubbio o avvallare una scelta. Ma a chi è che dobbiamo rispondere davvero per quello che siamo? Se non agli altri, a noi stesse. Ma la consapevolezza di affidare la nostra esistenza, e tutte le decisioni che la riguardano, alla sola e nostra unica responsabilità fa paura. Perché a quel punto non possiamo dare la colpa agli altri, né tanto meno seguire qualcuno che ci guidi a fare le scelte giuste. Perché ci siamo solo noi.
Forse è nella natura umana compiere delle scelte sbagliate, ogni tanto, per giungere poi a nuove conclusioni, per cambiare e dare il meglio di noi stessi. E forse, ancora una volta, cambiare prospettiva è l’unica cosa che ci resta per arrivare alla consapevolezza che l’obiettivo principale non sta nel valutare il successo o il fallimento delle azioni, ma nel rendere migliore la vita. La nostra e quella di chi amiamo.