C’è stato un tempo in cui ho creduto di voler diventare come loro, come i miei genitori. Del resto ero sola una bambina e per trovare un senso a tutto avevo la necessità di dover credere in qualcosa e smettere di colpevolizzarmi. Così, quando a scuola un bambino disse che i genitori erano dei supereroi iniziai a crederci.
Mi convinsi che quel mancato supporto, il tempo non dedicato e gli abbracci mancati facessero parte di una missione che io non potevo comprendere, magari una di quelle affrontate dai personaggi dei cartoni che mi facevano compagnia mentre mamma e papà non c’erano mai.
Allora mi sono convinta che fosse così, ripetendo a me stessa che magari anche io, un giorno, sarei diventata un’eroina. Ma crescendo, non ci è voluto poi molto affinché quella meravigliosa menzogna che mi raccontavo per sopravvivere venisse sostituita dalla realtà dura e cruda.
I miei genitori non erano dei supereroi, e forse neanche degli antieroi, loro, semplicemente non erano capaci di ricoprire quel ruolo perché una figlia non la volevano. E non hanno mai fatto niente per nasconderlo in realtà quindi devo dargli atto del fatto che, per lo meno, non hanno mai finto.
Ma io a quei tempi non lo sapevo che non era colpa mia e, anzi, soffrivo per avergli rovinato la vita, mi colpevolizzavo per averli resi così arrabbiati e frustrati, ma non avevo scelto io di venire al mondo. E se c’è stato un primo momento in cui, tutto quello che desideravo, era essere accettata, più crescevo più comprendevo che questo momento era pura utopia.
La conferma è arrivata quando, per la seconda volta, ho sconvolto i loro piani sul mio futuro, quelli che avevano creato solo per rendermi perfetta agli occhi degli amici che dovevano invidiare la loro vita, il loro matrimonio e la loro figlia non voluta. Allora ho capito: dovevo liberarmi dell’ombra dei miei genitori, delle loro fragilità e imperfezioni e diventare la donna che sognavo di essere.
Ma avere le idee chiare su chi si vuole diventare da grandi, quando si ha un rapporto invalidate con i proprio genitori può risultare assai complicato. Tuttavia ce l’ho fatta, sono partita dall’unica certezza della mia vita: quella di non voler somigliare a mia madre, così piena di sé, così arrabbiata per non aver ottenuto quello che dalla vita voleva, né tantomeno a mio padre che non ha avuto il coraggio di essere tale solo per assecondare i capricci e le frustrazioni della donna che amava. Ecco, io sono partita da questo, e ce l’ho fatta.
Dicono che inevitabilmente, crescendo con genitori così, si finisce per assomigliarli. Certo le labbra carnose, i capelli chiari e il colore degli occhi mi rimandano inevitabilmente a loro. Ma ora lo so, io sono diversa, io sono migliore.