I bambini devono essere felici, non essere i migliori

Insegniamo ai nostri piccoli cosa sia davvero la felicità. Spingiamoli a guardarsi dentro piuttosto che correre verso un consumismo sfrenato

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Redazione

DiLei è il magazine femminile di Italiaonline lanciato a febbraio 2013, che parla a tutte le donne con occhi al 100% femminili.

Crescendo si lascia andare la propria innocenza, ritrovandosi trascinati nel vortice dei propri impegni. Ci si ritrova così a confondere la felicità col possesso, trasmettendo questo messaggio ai nostri figli.

Il concetto di felicità viene sempre più spesso sporcato da elementi che riguardano la vita di tutti i giorni, dagli oggetti posseduti e dai soldi guadagnati. È un percorso mentale dilagante tra gli adulti, che di conseguenza influenza anche i nostri bambini. In alcuni casi tale visione del mondo viene addirittura imposta ai più piccoli, evidenziando per loro un percorso fatto di convenzioni e status symbol.

L’essere felici è forse il concetto più astratto col quale il genere umano possa confrontarsi. Si tratta di un processo interiore, che muta di persona in persona. Una ricerca infinita che nulla ha a che fare con quanto prodotto dalla nostra società. Si tratta di un equilibrio interiore e dovremmo insegnare alle generazioni future a non perdere contatto con sé. Guardarsi dentro, porsi domande e tentare di seguire la propria via, quella più consona ai propri sentimenti.

Sempre più spesso invece ci si ritrova a confrontarsi con bambini disincantati, costretti a comportamenti non consoni alla loro età. Piccoli circondati da oggetti tecnologici, che segnano fin da subito una divaricazione sociale. Tutto ciò crea barriere insormontabili, con cerchie che inevitabilmente escluderanno qualcuno, costretto a un’inutile scalata verso il possesso, in una società che vive di competizioni. La felicità non è quantificabile e non può essere ridotta al voto più alto o all’ultimo modello di smartphone.

Crescere in un mondo di tali aspettative, in cui occorre necessariamente primeggiare per essere accettati, in cui i soldi rappresentano l’unica via per essere davvero liberi e felici, genera degli individui pessimi. Dovremmo avviare i nostri bambini verso sentieri d’amore e inclusione, invece di tentare di quantificare la loro felicità.

Al primo posto delle nostre priorità dovrebbe esserci un senso di pace e gioia. Crescendo invece spostiamo le nostre lenti d’ingrandimento sul mezzo per raggiungere tale status, correndo il rischio di trascorrere la vita a inseguire qualcosa, poggiando i piedi su di un tapis roulant. Potremmo scendere e andare contro gli schemi predefiniti del nostro mondo, afferrando quella gioia che tanto agogniamo e rinunciando alle carceri consumistici che ci imponiamo giorno dopo giorno.

I nostri bambini devono essere felici e non essere i migliori in tutto. Devono essere liberi e non soggetti alle pressioni che inconsapevolmente o meno poniamo su di loro. Non sono micro versioni di noi stessi e non devono essere chiamati a raggiungere quei traguardi che sono mancati nella nostra giovinezza. Non rubiamo loro la vita, doniamogli la possibilità di condurne una davvero piena di significato.