Caro figlio mio, quando vai a vivere da solo?

Amo mio figlio e ci sarà sempre per lui, ma ho bisogno di riappropriarmi della mia casa, nei miei spazi e della mia vita. E devo farlo senza di lui

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DiLei

Redazione

DiLei è il magazine femminile di Italiaonline lanciato a febbraio 2013, che parla a tutte le donne con occhi al 100% femminili.

La testimonianza di una nostra lettrice.

C’è un segreto inconfessabile che cresce dentro di me, giorno dopo giorno, alla stregua di un fardello che non posso più sopportare. Perché per una madre, ammettere di non sopportare il proprio figlio, è faticoso, se non addirittura impossibile solo da pensare. Eppure per me è così.

La verità è che amo tantissimo mio figlio e come potrebbe essere altrimenti? L’ho amato dal primo momento in cui l’ho sentito dentro di me, quando ancora non sapevo se sarebbe somigliato più a me o al suo papà. L’ho amato anche quando mi ha fatto perdere il sonno e le occhiaie non sono andate più via dal mio viso. Anche quando è cresciuto e mi ha fatto disperare durante le ribellioni adolescenziali, io l’ho amato come prima. Forse anche un po’ di più.

Ma lui ora è grande. È diventato un uomo bellissimo e intelligente, estremamente curioso, ma fin troppo accomodante. E io vorrei soltanto che lui soddisfacesse a pieno quella sua curiosità, che partisse alla scoperta del mondo con la voglia di conquistarlo. Vorrei che lo facesse, però lontano da me.

Sì perché mio figlio a 30 anni vive ancora con me e io non ne posso più. Non fraintendetemi, avrà sempre un posto d’onore in questa casa così come nel mio cuore perché è a lui che ho deciso di donarlo per la maggior parte della mia vita. Gli ho dato le mie energie, il mio tempo e il mio amore. Gli ho dato tutto ciò che possedevo, ma ora è arrivato il momento in cui ho bisogno e pretendo di prendermi cura di me.

Non sono più una ragazzina e so che crescendo le opportunità di felicità diminuiscono, ma ce ne sono ancora tante da cogliere. Tuttavia so anche che non posso farlo se non mi libero da quel carico pesante, se non mi rimpossesso di me stessa e dei miei spazi.

Ho bisogno di preoccuparmi un po’ meno di lui, di non essere costretta a stare a casa quando lui torna perché sento il dovere di fargli trovare un pasto caldo sulla tavola o di correre da lui quando dimentica le chiavi o gli serve la macchina. Ho bisogno di saperlo via da questa casa, da questo nido, al fianco di una donna o di chiunque sappia renderlo felice. Ho bisogno che insegua i suoi sogni anche a costo di fallire perché solo così saprà proteggersi da quello che gli aspetta lì fuori. E lui ha bisogno di imparare a capire che io non posso essere il cuscino morbido sul quale affondare ogni volta che cade. Perché non è così che va la vita.

E ammetterlo mi costa caro, devo confessarlo. Perché mentre ascolto le mie amiche che sono affette dalla sindrome del nido vuoto, o quelle che al solo pensiero di dover lasciare andare i figli adulti e maggiorenni si disperano, mi rendo conto che io sono quella che va controcorrente.

Lascerò sempre la porta di casa aperta per mio figlio. Ogni qualvolta lui vorrà e ne sentirà il bisogno sa che io sarò qui, per sempre. Ma è arrivato il momento che ognuno faccia la sua vita, distanti ma pur sempre uniti. Chiedo forse troppo?