Perché lo scherzo delle Iene a Insigne è vergognoso

Alle Iene va in scena lo scherzo a Insigne, geloso della moglie Jenny, ma a noi non viene da ridere. E vi spieghiamo perché

Foto di DiLei

DiLei

Redazione

DiLei è il magazine femminile di Italiaonline lanciato a febbraio 2013, che parla a tutte le donne con occhi al 100% femminili.

Botte in testa, imposizioni e minacce: è questo il quadro desolante che ci regala lo scherzo delle Iene a Insigne.

Da una parte c’è lui: calciatore di successo del Napoli e giocatore della nazionale. Dall’altra c’è Jenny Darone: costretta ad essere solo moglie e madre. Punto. E così uno scherzo delle Iene e le telecamere nascoste ci riportano indietro di centinaia di anni, per scoprire quella che tanti telespettatori hanno definito “una coppia da Medioevo”. Tutto inizia quando gli inviati del programma di Italia Uno propongono alla moglie di Insigne di mettere in scena uno scherzo sfruttando la gelosia del calciatore. Gelosia che, capiamo sin da subito, è morbosa.

Jenny infatti spiega immediatamente che Insigne le proibisce di avere un profilo Facebook e Instagram, si arrabbia se qualcuno per strada la guarda e la sera, quando torna a casa, pretende di controllare tutte le chat del suo telefono. Già da queste prime battute il sorriso si spegne, ma il peggio arriva dopo. Per scatenare la gelosia del calciatore infatti le Iene hanno pensato bene di inscenare un finto provino per Jenny, notata da un regista in palestra e scelta per prendere parte ad un film.

Quello che viene trasmesso sullo schermo poco dopo è l’esempio perfetto del maschilismo, del patriarcato e della violenza psicologica sulle donne di cui sentiamo parlare spesso. Lei dice di voler fare l’attrice, lui la chiama “scema”, lei cerca di sdrammatizzare, lui le dà per ben due volte delle botte in testa, lei conversa tranquillamente con qualcuno al telefono, lui glielo strappa di mano e attacca.

Violenza psicologica, minacce e limitazione della libertà, sono questi gli elementi che emergono uno dopo l’altro sulla faccia di Insigne, fra le mura di casa sua, in un’escalation pericolosa. Jenny prova a difendersi come può, viene cacciata dal letto coniugale e costretta a dormire sul divano, riceve gli abbracci dei figli dopo aver subito la gelosia del marito. Sguardo basso, mani che si torturano: tutti gli elementi ci fanno pensare che questi episodi non siano accaduti solo questa volta, ma che facciano parte della quotidianità di questa coppia.

L’atmosfera è soffocante e, come prevedibile, tutto sfocia nella violenza, con Insigne che insegue la moglie andata al provino, minaccia l’attore con cui dovrebbe recitare, la cerca urlando e distrugge dell’attrezzatura. A guidarlo non è solo la gelosia, ma l’aver perso il controllo su quella donna che, come aveva spiegato prima, “è moglie e madre”, niente di più.

E fa tristezza, ma soprattutto rabbia, vedere come di fronte a queste scene compaiono risate. Perché sulla violenza sulle donne – psicologica e fisica – non si scherza. Perché la felicità e la realizzazione di una persona nel privato passa prima di tutto attraverso la libertà personale. Una libertà, che a quanto pare, Jenny non ha mai conosciuto.

Ridere di certi gesti, minimizzarli, ridurli a mero intrattenimento, non è solo sbagliato, ma anche diseducativo. Perché se vogliamo davvero che certi episodi non si ripetano, che la violenza sulle donne finisca, che non si debbano più piangere morti annunciate, dobbiamo imparare a ribellarci: di fronte allo scappellotto, di fronte ai divieti, di fronte alla voglia di imporsi su di noi di uno, dieci, cento Insigne.

Perché non siamo solo madri, fidanzate o mogli, siamo prima di tutto donne. Che possono sognare liberamente il proprio futuro, inseguire dei sogni e che non devono lasciarsi fermare da nessuno. Nemmeno dall’uomo che amano, che deve insegnare loro a volare. E non a guardare a terra.