Mamme, non aiutate i figli a fare i compiti a casa

Aiutare i bambini a fare i compiti si può, ma offrendo loro sostegno, fiducia, coraggio e valorizzando i loro risultati. Ecco cosa ci ha detto una pedagogista.

Foto di Giorgia Marini

Giorgia Marini

Parenting Specialist

Ex avvocato. Blogger, con la laurea sul campo in Problemi di Mammitudine. Da 6 anni scrivo di gravidanza, maternità ed infanzia, sul mio blog “Stato di Grazia a Chi?” e su altre testate online. Racconto la maternità con brio, garbo ed empatia.

I bambini ed i compiti a casa: quante volte, nelle nostre case, si litiga davanti ad un diario pieno di esercizi e operazioni, da fare nel fine settimana! Da quando, come amano dire alcuni professionisti del settore dai nomi altisonanti, noi genitori abbiamo messo piede nella scuola, mettendo a volte in dubbio il lavoro dei docenti, prendendo le difese dei nostri figli, anche i compiti assegnati agli alunni e agli studenti sono  diventati oggetto di dibattito familiare.

Oggi, a differenza di qualche decennio fa, noi genitori ci domandiamo quando e se i bambini vadano aiutati nei compiti a casa, e se questo possa avere qualche vantaggio o sia solo penalizzante per gli adulti di domani. In questo articolo, grazie all’aiuto della dottoressa Sara Crisantemi, pedagogista, affronteremo proprio questo tema, rispondendo alla domanda, se aiutare i figlia a fare i compiti a casa possa avere vantaggi o meno. Ma vorremmo fare prima una premessa: se è vero che ci sono situazioni in cui l’ingerenza di alcuni genitori nella vita scolastica dei figli sia deleteria, molto spesso, invece, il rapporto genitori-educatori è auspicabile. Fare rete fra scuola e famiglia, le agenzie educative per eccellenza, dà ottimi frutti, se ciascuno si pone come obiettivo massimo il benessere dei bambini e dei ragazzi.

Compiti a casa

I compiti a casa non sono mai piaciuti a nessuno. E questo dobbiamo ricordarlo quando vediamo i nostri bambini fare un po’ di  capricci, fra poesie da imparare a memoria e prime moltiplicazioni da risolvere. La scuola a tempo pieno, poi, che caratterizza sempre più realtà, porta i piccoli ad avere meno tempo per attività sportive, artistiche, extra-scolastiche, per cui nei week-end nelle feste soprattutto, tutti vorremmo essere pià liberi.

In più, va detto che in Italia i piccoli passano più ore fra i banchi di scuola e le scrivanie di casa, rispetto ai loro colleghi europei, per cui un equilibrio fra impegno, tempo libero e buoni risultati scolastici, va certamente ricercato.

Quello che compete a noi genitori non è entrare a gamba tesa nelle decisioni della scuola, né essere indifferenti al lavoro al quale sono chiamati i nostri figli. Quello che dovremmo sempre cercare di fare è vigilare, monitorare, non giudicare. Se poi vedessimo, confrontandoci anche con altri genitori (moderati) della nostra realtà e di altre, che il lavoro assegnato fosse eccessivo, il comportamento adeguato non è mai demolire il ruolo del professore o della scuola, davanti agli occhi di nostro foglio/a, ma cercare un confronto costruttivo con i docenti.

Noi genitori aiutiamo i nostri figli, nei compiti, nella misura in cui prepariamo loro una zona studio adeguata; non lo facciamo disturbare dai fratellini/sorelline; quando gli offriamo una buona merenda per staccare un attimo. Questo è quanto possiamo (e dobbiamo) fare, per aiutarli durante il pomeriggio di compiti. Come leggeremo fra poco, fare i compii al posto loro, non è affatto un aiuto.

Bambini e compiti a casa
Fonte: istock
Come (e se) aiutare i figli a fare i compiti a casa

Aiutare i figli nei compiti: cosa dice la pedagogia

Addentriamoci, dunque, nel tema: rispondendo alla domanda del perché è meglio non aiutare i figli a fare i compiti a casa. Lo facciamo scomodando la pedagogia, attraverso le preziose parole della dottoressa Sara Crisantemi.

“Dovremmo partire da una domanda chiave, a mio avviso: a cosa servono i compiti? E perché le insegnanti li assegnano? Come è noto, ci sono molte discussioni anche tra noi professionisti del settore sul tema compiti. Il mio parere personale sulla questione è che i compiti hanno senso se sono personalizzati, ovvero se servono al bambino per rafforzare ciò che sta imparando, acquisendo, conoscendo, in un’esperienza continua qual è l’apprendimento. In quest’ottica, i compiti dovrebbero essere a mio avviso pochi e ben calibrati sul bambino, quindi che lui/lei possa svolgere in autonomia, in tempi ragionevoli e con interesse.

E’ sempre così? Purtroppo no. Credo che lo sappiamo tutti e bene. Non certo perché le/gli insegnanti sono pessime ma, nella maggior parte dei casi, perché purtroppo non c’è il tempo di assegnare a ciascun bambino i compiti in base alle sue passioni e ai suoi livelli specifici di competenza attuali, nei diversi ambiti disciplinari.

Il genitore, che sa qual è la finalità dei compiti, dovrebbe a mio avviso porsi accanto senza sostituirsi, offrendo supporto emotivo e ed incoraggiamento dove servono, e aiuto pratico anch’esso soltanto se necessario.

I compiti sono una responsabilità del bambino, non del genitore. Questo è sicuramente vero, ma è una responsabilità a cui si accompagna il bambino gradualmente, rispettando i suoi tempi.  E’ importante anche lasciare che il bambino sbagli nei compiti, e far sì che sia l’insegnante a correggerlo, perché anche questo dovrebbe servire a comprendere a che punto è il bambino, non tanto nell’ottica del mero giudizio, ma nell’ottica del cercare strategie per supportarlo.

Se i compiti li ha fatti il genitore, sicuramente le strategie pensate dall’insegnante non saranno proficue. Dunque accompagnare, sostenere ed incoraggiare, ma sempre con il timone dritto verso la responsabilità personale del figlio e verso l’autonomia. E’ fondamentale che il nostro agire educativo abbia una direzione chiara e definita, pur appunto senza abbandonare il bambino a se stesso e alla gestione totalmente autonoma, quando ancora non è pronto”.

Aggiungiamo che la responsabilizzazione dei nostri ragazzi avviene gradualmente negli anni, per cui, se noi ci sostituissimo a loro nei primi compiti, sarebbe difficile, in quel periodo delicato che è l’adolescenza, far capire loro che hanno dei doveri inderogabili e che, a non onorarli, seguono delle conseguenze personali.

Bambini e compiti a casa
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Come (e se) aiutare i figli a fare i compiti a casa

Compiti e vacanze

Le occasioni nelle quali è più facile cadere in errore, aiutando i propri figli a fare i compiti o addirittura sostituirsi agli stessi, è quando vengono assegnati dei compiti in vacanza. Una famiglia che si riunisce nel fine settimana, che fa un viaggio per le vacanze natalizie o che, finalmente, stacchi la spina dallo stress dell’anno, e vada in villeggiatura, può subire l’ansia da compiti del figlio. Per questo, per non rinunciare alle meritate vacanze, ai ponti, ai week-end, snellire il peso dei figli potrebbe sembrarci una soluzione.

In realtà, la stessa scuola dovrebbe muoversi, nell’assegnazione dei compiti, avendo sempre in mente gli effettivi giorni di festa (di cui hanno diritto anche i più piccoli) e la molte di lavoro che da questi si pretende. Ma se davvero ci fosse un reale problema, la soluzione non è aiutare i bambini a fare i compiti piuttosto cercare un confronto con la scuola. Se, al contrario, i compiti fossero adeguati, ma se fossero i nostri programmi ad essere incompatibili con uno zaino ed un astuccio, allora quello che possiamo fare è aiutare i figli a programmare la gestione di quanto è stato loro assegnato.

Ad esempio, chiedendo loro un piccolo sforzo prima di partire, per anticipare un po’ di lavoro, o possiamo tornare prima, per fare un ripasso veloce, oppure possiamo capire con lui/lei quale attività assegnata dalla scuola sia meglio svolgere in vacanza:  come ad esempio leggere, o svolgere compiti orali, o semplici ripassi. Questo certamente è un aiuto che potrà essere proficuo, in quanto indirizzeremo i ragazzi alla gestione automa del proprio lavoro, con una programmazione adeguata alle proprio giornate, fra doveri e piaceri!

Bambini e compiti a casa
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Come (e se) aiutare i figli a fare i compiti a casa

Aiutare i nostri figli ad essere autonomi

È chiaro, ormai, che i compiti a casa sono il primo passo che viene chiesto di fare, più o meno in autonomia, ai nostri bambini/e. Ed il valore dei compiti non è solo quello di imparare una poesia a memoria, ma di insegnare agli alunni ed ai nostri figli, che anche a loro spettano delle piccole responsabilità, adeguate all’età.

La chiave del loro lavoro diventa anche l’autonomia che, pian piano, ognuno di noi ha dovuto imparare, sin dall’infanzia. In questo campo, il ruolo decisivo non lo gioca solo la scuola, ma soprattutto la famiglia che, anche in un’ottima di autostima, deve aiutare i figli ad essere sempre più autonomi ed interessati a portare termine mansioni, man mano assegnate dall’adulto educante. Abbiamo chiesto alla dottoressa Crisantemi, cosa fare per rendere i nostri figli più autonomi, dunque successivamente pronti anche a svolgere i compiti a casa.

“Occuparsi di piccole mansioni quotidiane, a seconda delle età e delle competenze specifiche del singolo bambino, è fondamentale per il bambino per sentirsi utile e appartenente ad un gruppo (famiglia, classe, ecc.). I bambini amano sentirsi competenti, utili, importanti per gli altri.  E allora, se vogliamo che ci aiuti, dobbiamo innanzitutto dare questo esempio.

Non si può dire al bambino: “riordina” oppure “apparecchia la tavola”, senza averlo fatto con lui/lei, tante tante volte. Quindi, all’inizio, le piccole mansioni si svolgono insieme, giocando e scherzando, con una musica di sottofondo o comunque con elementi che rendano piacevole questo momento.

Poi possiamo pian piano chiedere loro azioni precise da svolgere: “per favore vai a impostare tu la centrifuga alla lavatrice, intanto che io mi occupo di questa cosa?” Altro passo importante, oltre all’esempio (quindi al fare insieme e all’accompagnare il bambino a certe mansioni), è valorizzare i suoi slanci verso l’autonomia, che cambiano nel tempo.

Se a 4 anni i bambini sono molto interessati a svuotare la lavastoviglie, è probabile che a 6 non lo siano più. Dobbiamo concedere loro di farlo quando ce lo chiedono. Molto spesso il loro cervello è immerso nell’imparare, nello scoprire cose nuove, e questo è il motivo per cui, se una cosa è sempre la stessa, non li attrae più. Possiamo coinvolgerli in compiti stimolanti per loro e comunque utili, senza fossilizzarci per forza sempre sulle stesse cose. Ad esempio, se all’inizio saranno molto interessati dall’aspirapolvere: lasciamogliela passare! A un certo punto questa cosa diventa per loro acquisita, ma sicuramente il loro sguardo curioso sul mondo si sposterà verso altro. Seguiamo il flusso.

E diciamo ai bambini cosa è importante per noi, con sincerità: vogliamo insegnare loro il valore del senso del gruppo, dove ognuno dà il proprio contributo? Ottimo! Diciamoglielo e chiediamogli in cosa si sentono di dare il proprio aiuto. Ci stupiranno!”.