Figlio preferito, ogni mamma ce l’ha. Inutile negarlo

Non serve fare finta di niente e neppure sentirsi in colpa. Ecco cosa è meglio fare per il bene di tutti

Si dice che per una mamma i figli sono tutti uguali: non è vero. Nella realtà capita, invece, che uno riceva più coccole, carezze, premure degli altri, o che con uno la mamma preferisca chiacchierare la sera fino a tardi, coprendolo di un’attenzione particolare non prevista per gli altri. Non è una questione di affetto: il bene per i propri figli è uguale e incommensurabile sempre. È una questione di sintonia: forse per un’affinità di carattere, forse perché incarnazione del figlio sempre sognato oppure per il ruolo di “piccolo di casa”, a ogni modo, non tutti i bambini appaiono nello stesso modo ai genitori, nonostante questi tentino in tutti i modi di nascondere le loro preferenze, se vogliamo chiamarle così.

Nulla di più sbagliato, spiegano gli psicologi: innanzitutto, perché non è possibile fingere con se stessi; in secondo luogo perché i bimbi non sono stupidi e si rendono conto quando la mamma o il papà trattano in modo diverso i fratelli rispetto a loro; infine, perché si rischia così di quantificare l’amore quasi si trattasse di un sacchetto di patate da pesare, cercando di dare a tutti i figli la medesima attenzione e il medesimo appoggio. I bambini, invece, vanno capiti e amati per ciò che sono, per il loro personalissimo modo di essere e per il loro carattere peculiare: ciò significa che non può esistere un unico “affetto” uguale per tutti, ma che ciascuno deve essere apprezzato indipendentemente dagli altri.

Il consiglio, quindi, è quello di mettere da parte i propri, inevitabili, sensi di colpa, cercando di capire dentro se stessi quali sono i motivi che spingono a comportarsi in un modo diverso con uno o con l’altro figlio. Talvolta, si tratta di motivazioni banali che si esauriscono col tempo: il bambino “più amato” è quello più gracile, oppure quello che dà meno problemi o che ne dà di più, quello per cui sembra di non aver fatto abbastanza o quello più grande perché il primo… Insomma, spesso si tratta di una “preferenza” relativa che con la crescita dei piccoli verrà meno senza lasciare traccia.

In questi casi, se il bambino si accorge della differenza di comportamento riservata al fratello, la cosa migliore non è negare (“per me siete tutti uguali”), ma cercare di spiegargli quali sono i motivi della supposta “elezione affettiva”, puntando l’accento, però, si tutto quello di positivo che c’è in lui e che i genitori, comunque, apprezzano e amano.

Se, invece, ci si rende conto che la “preferenza” è dovuta a una sintonia caratteriale, non serve a nulla tentare di negare questa propensione. Il consiglio, invece, è di cercare di scoprire ciò che ci lega all’altro figlio, quello che si sente escluso dalla nostra vita e dal nostro affetto: come dicevamo sopra, infatti, i bambini hanno sempre bisogno di cure diverse, che cambiano a seconda dell’età e del carattere.

È impensabile l’idea che esista un solo modo di dimostrare affetto, ciò che occorre fare è vivere fino in fondo le differenze mettendone in risalto gli aspetti positivi. In questo modo, si evitano scenate di gelosie inutili tra fratelli e non si crea nel bambino che si sente escluso il “complesso dell’Incompreso”, riuscendo al contrario a instaurare in casa un’atmosfera di armonia e complicità in cui ciascuno si sente apprezzato per ciò che è e non per ciò che potrebbe essere.