Quando iniziare lo svezzamento: i cibi da cui cominciare e quelli da evitare

Un buon svezzamento passa dall’ascolto di nostro figlio, esso deve tener conto dell’emotività e della curiosità del bambino, più che di rigidi schemi alimentari.

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Giorgia Marini

Parenting Specialist

Ex avvocato. Blogger, con la laurea sul campo in Problemi di Mammitudine. Da 6 anni scrivo di gravidanza, maternità ed infanzia, sul mio blog “Stato di Grazia a Chi?” e su altre testate online. Racconto la maternità con brio, garbo ed empatia.

Lo svezzamento rappresenta uno dei primi importantissimi passaggi nella crescita di nostro figlio che lo porterà ad emanciparsi dal latte, come alimento esclusivo. Ad esso affiancherà, gradualmente, tutta una serie di cibi, attraverso i quali, esplorerà il mondo non solo con il gusto, ma ovviamente anche con il tatto e l’olfatto.

Per molte mamme e papà, lo svezzamento può rappresentare una nuova causa di stress, dubbi ed ansie. Ma, qualora ciò accadesse, è bene predisporsi in modo positivo, sapendo che, prima o poi, anche il bambino più “difficile”, mangerà tutte le pietanze che vedrà servirsi a tavola.

Basta guardarsi attorno, confrontarsi con altre mamme, per scoprire che, se da un lato, ci sono bambini che hanno mangiato tutto subito, per la maggior parte, lo svezzamento è avvenuto gradualmente, attraversando molti rifiuti e pappe più a terra che in bocca. L’importante è mantenere la calma: mamme e papà calmi trasmetteranno tranquillità al bambino e questo lo aiuterà ad approcciarsi meglio al cibo.

La prima cosa che noi mamme dobbiamo fare, ovviamente, prima di iniziare lo svezzamento, è rivolgerci alla nostra pediatra di fiducia. Ella ci guiderà e ci sosterrà anche negli eventuali momenti di sconforto.

Sullo svezzamento non mancano opinioni contrastanti e diverse scuole di pensiero. Non è raro trovarsi di fronte a professionisti esperti ed autorevoli che la pensino diversamente. Forse, esso rappresenta uno dei temi più discussi, anche fra i pediatri.

La dottoressa Pilar Nannini, medico chirurgo specialista in pediatria, perfezionata in nutrizione, ci aiuta a far chiarezza sui principali temi relativi allo svezzamento.

“Da qualche anno a questa parte, si è assistito ad una vera e propria rivoluzione in tema di svezzamento. Mentre prima venivano privilegiati degli schemi che erano difficilmente applicabili, rigidi, con i crono inserimenti di alimenti mese per mese (che in questo modo soffocavano la naturale tendenza del bambino all’esplorazione), adesso viene dato più risalto all’esperienza individuale e alla naturale propensione del bambino ad esplorare”.

A che età iniziare lo svezzamento

La prima domanda che ci facciamo, se siamo alla nostra prima esperienza, è quando iniziare a svezzare nostro figlio. La risposta a questa domanda, importante e comune, è proprio davanti a noi: il nostro bambino. Come leggeremo dalla dottoressa Pilar, c’è una forbice che va dai cinque ai sette mesi di vita ma, lì in mezzo, ci sono le esigenze e le propensioni di ogni bambino, con suoi bisogni e le sue specificità da osservare, ascoltare e rispettare. Per cui, keep calm e partiamo al momento giusto per lui!

“L’introduzione dell’alimentazione complementare avviene intorno ai sei mesi di vita, anche se è già possibile partire dai quattro mesi e mezzo. Non esiste un momento esatto in cui ogni bambino deve iniziare, ma è una scelta che deve essere presa, considerando l’accrescimento corporeo e lo sviluppo neuro e psicomotorio del bambino, insieme al proprio pediatra.

Se, in passato, si tendeva ad iniziare lo svezzamento ai cinque mesi, adesso si cerca di dare più spazio alle esigenze individuali del bambino e a iniziare lo svezzamento in momenti diversi, ma comunque non prima di quattro mesi e mezzo e non oltre il settimo mese, con variabilità da bambino a bambino”.

Lo svezzamento: cibo ma anche psiche

L’introduzione dell’alimentazione complementare (espressione più corretta rispetto al comune termine svezzamento) deve, quindi, tener presente anche dell’aspetto emotivo di nostro figlio. In quest’ ottica è possibile spiegare come mai alcuni bimbi sembrano subito apprezzare le nuove scoperte alimentari ed altri no. Non è una questione di capriccio o di bontà del piatto, ma di essere o meno pronti ad un passaggio delicato che richiede tempo.

Ecco come chiarisce la Nannini, “È importante anche rivolgere l’attenzione all’emotività del bambino, alla sua scoperta del cibo: il fine ultimo dell’introduzione all’alimentazione complementare, deve essere dare al bambino un’alimentazione sana sia da un punto di vista nutrizionale che sotto il profilo psicologico. Il bambino non deve essere soffocato nell’esplorazione e forzato nel provare i vari alimenti. Tranne quelli che possono essere dannosi o nocivi per l’età, deve essere incoraggiato ad assaggiare quanta più varietà possibile di cibi.

Il bambino, intorno ai 6-8 mesi, comincia a voler esplorare con tutti i cinque sensi e questa modalità è particolarmente utile per iniziare l’alimentazione complementare”.

Svezzamento

Con quali cibi iniziare lo svezzamento e quali evitare

Una volta andati dal nostro pediatra di fiducia, lui o lei ci potranno consigliare con quali cibi iniziare e quali evitare, introducendoli per ultimi. Anche qui, non è raro trovare piccole differenze fra una scuola di pensiero ed un’altra. L’approccio più tradizionale considera carote, zucchine, mais, farina di riso e frutta di stagione, i primi alimenti da introdurre, per dare spazio, successivamente e gradualmente, ad alcuni tipi di carne come pollo, coniglio, agnello ed altre verdure. Questo approccio, però, come dicevamo all’inizio, costringe il bambino a seguire uno schema preciso, che tiene poco conto della sua esperienza individuale.

Una grande divergenza fra professionisti, poi, è quella fra chi incoraggia lo svezzamento e chi l’auto svezzamento.

“Per quanto riguarda le modalità dell’introduzione dell’alimentazione complementare, è bene non decidere a priori se iniziare con l’ auto svezzamento oppure con l’introduzione delle pappe, a meno che la mamma non si senta più propensa ad un approccio piuttosto che ad un altro. Anche introdurre soltanto pasti liquidi, può essere controindicato, perché in questo modo non viene stimolata la masticazione e non viene stimolata la prevenzione al soffocamento.

L’Inizio dell’alimentazione complementare può avvenire sia con le pappe tradizionali, sia con cibi semisolidi, opportunamente tagliati in modo sicuro.

Già ad inizio svezzamento, si possono somministrare tutti gli alimenti che in passato venivano proposti più tardivamente come uovo, pomodori, frutta secca (noci, arachidi, mandorle). Quest’ultima non deve ovviamente essere assunta tale e quale per il rischio di soffocamento ma sotto forma di polvere o in crema morbida.

In termini di prevenzione delle allergie, evitare un alimento e inserirlo più tardi, è stato dimostrato che non solo non protegga dallo sviluppo dell’allergia, ma è anche controproducente, determinando un aumento di rischio.

Esistono dei cibi da evitare, come funghi, mitili, miele, caffè, e tutti i cibi dalle dimensioni e consistenze pericolose che possono provocare il soffocamento. In ogni caso, il denominatore comune deve essere l’assenza di sale e di zuccheri aggiunti sia nelle preparazioni industriali che in quelle domestiche. Dolci, merendine, bevande zuccherate come succhi di frutta, alcuni tipi di te e camomilla che hanno zuccheri aggiunti, per fare degli esempi. Lo scopo di queste semplici regole è di aiutare il bambino nella scelta di alimenti sani, una scelta che lo condizionerà anche in futuro, in termini di prevenzione di malattie cardiovascolari, ipertensione, diabete, obesità e sovrappeso”.

Lo svezzamento è importante per il futuro del bambino

Ciò che facciamo ora per i nostri figli è importante per il loro futuro, anche in termini di svezzamento. Proporre cibi sani, oggi, vuol dire influenzare il gusto e la scelta alimentare che farà nostro figlio, quando, da grande, agirà in autonomia.

Così ce lo ricorda anche la dottoressa Nannini: “È importante che il bambino, fin da subito, abbia un approccio sano, che lo accompagni anche nelle scelte future. Se un bambino viene esposto a cibi dolci o particolarmente sapidi, andrà sempre alla ricerca di un sapore dolce oppure sapido, a scapito invece del sapore naturale. Basti pensare ai pomodori: se li consumiamo sempre con il condimento di sale, il bambino andrà sempre a cercare la sapidità, a scapito invece del sapore originale”.

Il latte e lo svezzamento

Sappiamo che svezzare non vuol dire smettere di allattare, infatti, per un po’ di tempo, e fino a quando mamma e bambino vorranno, entrambi i momenti potranno coesistere. Ma sia che si offra il latte materno o meno, molte di noi si chiedono se, con lo svezzamento, si debba introdurre il latte vaccino. La dottoressa Nannini ci fornisce una risposta chiara e completa.

“Il latte vaccino è un alimento che contiene molte più proteine (una quantità tre volte superiore) rispetto al latte materno e pertanto dovrebbe essere evitato nel primo anno di vita e introdotto a partire dal secondo anno, con gradualità. L’eccesso di proteine, infatti, è un fattore di rischio per lo sviluppo dell’obesità. Discorso a parte va fatto per i latti formulati, che sono effettivamente creati a partire dal latte vaccino, ma contengono un quantitativo inferiore di proteine, molto più simile al latte materno.

Con il latte vaccino, oltre al rischio di obesità e sovrappeso si aggiunge anche il rischio di carenza di ferro: il latte vaccino ne è povero e inibisce anche l’assorbimento di ferro contenuto negli alimenti. Il ferro è essenziale per lo sviluppo dei bambini, per cui il consumo di latte vaccino è da limitare in età così precoce.

Dopo i 12 mesi, per mantenere l’apporto proteico entro il 15% delle calorie, è possibile inserirlo con moderazione nella dieta, cercando di non superare i 300 ml circa al giorno”.

Difficoltà nello svezzamento: cosa fare

Come dicevamo all’inizio, lo svezzamento può essere nuova fonte di fatica e stress per i genitori. Le pappe da preparare, la cucina da sistemare, la pastina a terra, la frutta sputata, il seggiolone da sterilizzare. Non di rado, il senso di frustrazione, dopo essersi tanto adoperate, vedendo andare in fumo il frutto del proprio lavoro, può essere alto.

Purtroppo, dobbiamo metterlo in conto. Può succedere, nonostante le nostre doti culinarie alla Antonino Cannavacciuolo e la mise in place alla Csaba. Non dipende da noi e, ad ogni modo, prima o poi, andrà meglio. Non dobbiamo dimenticarlo.

Parole di conforto, infine, ce le fornisce anche la Nannini.

I rifiuti dei bambini fanno parte della crescita e dell’esplorazione. Il bambino ha però una innata tendenza alla autoregolazione che è importante valorizzare: gli consentirà in futuro di avere un approccio sano nei confronti del cibo.  Perciò se il bambino rifiuta la pappa, invece che forzarlo cerchiamo di capirne il motivo: ha già mangiato poco prima? Ha già assunto sufficienti quantità di latte durante la giornata? Ha qualche disagio emotivo? Manifesta qualche infezione passeggera? In ogni caso è preferibile non forzare: verrà così abituato ad “ascoltarsi”. Se l’inappetenza invece sta durando da più tempo è opportuno parlarne con il pediatra, che effettuerà i controlli per valutare la crescita sotto tutto gli aspetti: in peso, lunghezza e dal punto di vista neuromotorio”.