Giulia Michelini confessa: «Così ho deciso di non abortire»

L'attrice ha scoperto di essere incinta a soli 19 anni e non pensava di portare a termine la gravidanza

A vederla così, con quel fisico minuto e quel faccino fresco, non le si darebbe la sua età. Lo scorso 2 giugno Giulia Michelini ha compiuto 30 anni ed è sul set da quando era una ragazzina, dal 2002. L’attrice italiana, diventata famosa interpretando il ruolo di Rosy Abate in Squadra antimafia, oggi è impegnata con Raoul Bova sul set di Torno indietro e cambio vita, commedia di Carlo Vanzina.

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Ben 13 anni sul set e mamma da 10 anni di Cosimo Giulio. L’attrice infatti è rimasta incinta a soli 19 anni: è questa la vicenda che le ha cambiato la vita, racconta a Vanity Fair: «Non ero la “figlia perfetta”: poco costante a scuola, irrequieta. I miei genitori, due magistrati penali che da Napoli si trasferirono a Roma, sono quelli che ti dicono “fai come vuoi”, ma se non fai come vogliono loro vivi di sensi di colpa. A 19 anni ero abbastanza confusa: avevo iniziato a recitare da poco, un membro dello staff di Muccino mi aveva notato fuori dalla palestra dove facevo ginnastica artistica e mi aveva convinto a fare dei provini; avevo da tempo una storia con un ragazzo, otto anni più grande di me, conosciuto a un corso di vela, che però era molto complicata. Quando ho scoperto di essere incinta, onestamente non pensavo di tenerlo».

Voleva abortire, ma non è andata così: «Tutti, i miei genitori in testa, mi dicevano che mi sarei rovinata la vita. Ho preso l’appuntamento per interrompere la gravidanza, ma una volta lì, in quella stanza, ho cambiato idea. È una decisione che prendi in una frazione di secondo – tenerlo o non tenerlo -, dalla quale però parte un percorso a lungo termine, mille conseguenze che non puoi prevedere in quel momento».

All’appuntamento sono andata da sola. È stata chiamata una ragazza, poi un’altra, non so neanche io che cosa mi ha portato ad alzarmi; so solo che a un certo punto sono andata

«Ero nel panico totale. Una volta uscita, sono entrata in una cabina telefonica per chiamare mia madre. Sull’apparecchio c’era un elastichetto da bambina, non ricordo se con due cubetti o due ciliegine. Lo so, è stupido, ma vedendolo mi sono detta: va bene così, sto facendo la cosa giusta. Detto questo, ero dilaniata, e se oggi penso alla cosa grande che è uscita dalla persona piccola che ero – non solo fisicamente, ma perché all’epoca ero veramente una bambina da formare, senza un minimo di coscienza di sé –, se ci penso, be’, non saprei spiegare che cosa mi ha fatto dire: lo tengo».

Era giovane, ma allo stesso tempo Giulia Michelini aveva la lucidità di capire che la presenza di un uomo non era determinante nella sua scelta. Perché, anche se credeva nel rapporto col padre di suo figlio «A dirla tutta, sapevo che sarebbe finita e che sarei rimasta sola con mio figlio, ma è come se questa cosa mi avesse dato una spinta in più».

La sua decisione di tenere il bambino ha stravolto la sua esistenza, ma sente anche che è grazie a lui se si è salvata: «Sentivo che questa decisione dava una definizione ai miei contorni, mi consentiva di vedermi, di esserci. In quel momento forse avevo bisogno di sentirmi viva. A quell’età non desideravo un figlio, volevo indipendenza, sentirmi libera di andare come un treno, ma questo bambino, dandomi un peso specifico, credo che mi abbia salvato la vita. Ha allontanato la mia parte autolesionista, senza di lui è probabile che mi sarei persa. Il padre, che era molto diverso da me, per età ma anche per condizioni sociali, mi aveva portato a una grossa deviazione: con lui ho conosciuto la borgata romana, ambienti non proprio puliti».

Fare a meno dell’appoggio dei suoi genitori, contrari alla sua scelta, non fu semplice. Giulia se ne andò di casa e per sei mesi non parlò né con sua madre né con suo padre. Ma alla vista del pancione arrivò il riavvicinamento. Oggi quei dissapori sono lontani: «Mio figlio è la luce dei loro occhi, non so come farebbero se non ci fosse; e non so come farei io senza di loro, perché mi hanno aiutata tantissimo: quando lavoro, Cosimo sta con i miei genitori».