La storia di Luca ed Emanuele: due babbi pieni d’amore

Luca ed Emanuele sono i genitori di Miranda e Manfredi, nati un anno e mezzo fa da Tamara. Questa è la loro storia d'amore.

Foto di Irene Vella

Irene Vella

Giornalista televisiva

Scrive da sempre, raccogli emozioni e le trasforma in storie. Ha collaborato con ogni tipo di giornale. Ha fatto l'inviata per tutte le reti nazionali. È la giornalista che sussurra alle pasticcerie e alla primavera.

Non ricordo di preciso come mi sono imbattuta nella pagina Instagram dei Ricci Baroncelli, alias “nonconventionaltwins”. So che nelle persone che decido di seguire la prima cosa che guardo sono i sorrisi accompagnati da contenuti degni di questo nome, e loro vincevano facile, perché in questa storia i sorrisi sono quattro, quelli di Luca ed Emanuele, e quelli di Miranda e Manfredi, i gemelli, loro figli, avuti grazie alla gestazione di Tamara, la ragazza che li ha resi una famiglia meravigliosa.

Sono stata catturata dalle faccine di questi due bambini, così solari e allegri. Diciamolo che ho un debole per gli gnomi, per le storie d’amore, per le famiglie arcobaleno, (ve l’ho detto che sono diventata zia di Leonardo, il figlio di Guido e Francesco?) e per tutti quelli che lottano per difendere i loro diritti, così scontati per alcuni, così difficili da raggiungere per altri. Perché se è vero che le cose stanno cambiando, la percezione che si ha è che in alcune parti del mondo questo non sia ancora abbastanza, perché il diverso non dovrebbe essere considerato tale. Chi decide cosa sia la normalità, chi decide cosa sia giusto e sbagliato nella vita privata degli altri? Non dovrebbe essere permesso a nessuno, se non a chi di quella vita fa parte.

Eppure ancora oggi si levano scudi in un parlamento, quello italiano, che dovrebbe essere l’emblema della democrazia, e che invece permette alla politica di entrare nei meandri del privato, di fatto bloccando il DDL Zan, che ha come unica finalità ultima quella di attuare “Misure di prevenzione e contrasto della discriminazione e della violenza per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità”. Ma torniamo a Luca ed Emanuele, ho deciso di raccontare la loro storia, perché vorrei far capire attraverso le parole, quanto l’amore, che è il vero e unico motore della vita, non abbia genere. Vorrei far vedere la gioia di Miranda e Manfredi, che è poi quella di tutti i bambini amati e desiderati e perché, se riuscirò a far cambiare idea e a far cadere i preconcetti sulle famiglie arcobaleno anche solo a una persona, ne sarà valsa la pena. Perché certe lotte si vincono anche a colpi di penna. E questa è la mia.

Luca ed Emanuele, come vi siete conosciuti ed innamorati?
Ci siamo conosciuti nel Gennaio 2013 in discoteca, diciamo che quella sera Ema tra i due era quello meno lucido e Luca riuscì solo a sapere che si chiamava Emanuele, che era di Prato e che faceva il parrucchiere. Da buon segugio quale sono, sono riuscito a ritrovarlo il giorno dopo su Facebook dopo una lunga mattinata di ricerca. Per catturare la sua attenzione ho scritto così: “ciao! Carina la camicia che avevi ieri sera!”. Dopo un’oretta circa mi risponde, dopo qualche giorno ci vediamo per cena a Lucca in un ristorantino, il colpo di fulmine è scattato subito, come il primo bacio. Da lì non ci siamo più lasciati.

Il desiderio di allargare la famiglia è nato da entrambi?
Il desiderio di allargare la famiglia nasce durante uno dei nostri viaggi in macchina verso il mare, quando io (Luca) chiedo a Ema se ha mai pensato di avere dei bambini. Lui fino a quel momento non si era mai soffermato sull’eventualità di diventare padre, ma forse perché, così dichiara lui oggi, non aveva ancora trovato la persona giusta con cui poter fare questo passo enorme e perché un tempo era addirittura difficile sognarlo.

Quando avete scoperto di “essere incinti” (io ho proprio dato la notizia così alle nefrologhe che ci seguivano “siamo INCINTI”) cosa avete provato?
Quando abbiamo scoperto di “essere incinti” eravamo a casa nostra, quando Tamara (la nostra gestante) ci ha inviato la foto della prima ecografia, dove potevamo vedere le due sacche con dentro quei piccoli nanerottoli. È stata una delle emozioni più belle della nostra vita e tante ne dovevano ancora arrivare, ma quella resterà per sempre nel cuore e non dimenticheremo mai le lacrime di gioia che uscivano senza sosta. Successivamente lo abbiamo detto alle nostre famiglie che aspettavano impazienti la notizia, sono sempre state al nostro fianco e questo è stato bellissimo.

La prima volta che avete tenuto in braccio i vostri figli cosa avete pensato?
Ecco questa è un’altra delle tante emozioni provate, quella che davvero resterà scolpita dentro di noi, quella che ti fa conoscere i tuoi figli, potevamo finalmente sentire il loro odore, il loro respiro, il loro battito. È stato emozionante fare il pelle a pelle con loro, sentirli dormire beati su di noi, dargli il biberon per la prima volta, la paura di “romperli”. Non avevamo il libretto d’istruzioni ma, come ci ripetevano sempre tutti durante la gravidanza, ogni cosa sarebbe venuta da sé. E così è stato, eravamo genitori, e non potevamo esserne più felici.

Quanto è difficile per una coppia gay essere genitori in una società come la nostra, ancora spaventata dal “diverso” partendo dal fatto che il diverso non esiste, che è il mio mantra?
Sicuramente la nostra società, o almeno una bella fetta, non è ancora pronta a vedere una coppia di persone dello stesso sesso con dei figli. Purtroppo non c’è quell’apertura mentale o ancora peggio forse, le persone che non vedono di buon occhio le famiglie arcobaleno, non riescono a percepire l’amore, non riescono a rassegnarsi all’idea che se due persone si amano, qualunque siano i loro gusti sessuali, possano costruirsi una famiglia. Molte di queste persone non sanno neanche che cosa sia la GPA (gestazione per altri) e come funzioni veramente. Si basano solo sulle false notizie che vengono date dai politici che sono contro questa pratica, che negli Stati Uniti è legiferata e regolamentata in modo perfetto. Di conseguenza la società crede a tutto quello che le viene comunicato in tv, e così facendo, chi non riesce ad avere un proprio pensiero va dietro a quello altrui. Io ed Emanuele, però, crediamo fermamente nelle nuove generazioni. Nostro nipote di 8 anni quando ha saputo che stavamo insieme, non si è minimamente scomposto. Quando gli abbiamo detto che saremmo diventati genitori, spiegandogli che nel mondo esistono tanti tipi di famiglie, la sua reazione è stata quella di farci un bellissimo disegno di tutti e quattro, così, senza nemmeno pensarci. Ecco, noi crediamo in loro, nella loro purezza, sperando che non venga rovinata dall’odio altrui.

La famiglia Ricci-Baroncelli

È stato un percorso difficile?
Il percorso della GPA è un percorso lungo come dicevamo prima, noi abbiamo avuto la fortuna di non avere intoppi e di trovare persone eccezionali che ci hanno guidato in ogni singolo passo, ma devi avere i nervi saldi, perché gestire tutto dall’Italia, a 6000 km di distanza, con una lingua che, anche se conosci, non è comunque la tua. Devi affrontare cliniche, psicologi, esami, avvocati, tutto questo in Inglese. Però noi ce l’abbiamo fatta senza problemi, qualche preoccupazione è ovvio che c’è stata, email alle 2 di notte alle quali dovevi rispondere, voli aerei da gestire, incontri su Skype con la clinica e con i medici. Insomma, il percorso è articolato, ma noi lo abbiamo gestito molto bene, sempre uniti e senza perdere il controllo della situazione.

Siete molto attivi sui social, qual è il messaggio che vorreste diffondere?
Quando abbiamo aperto la nostra pagina instagram @nonconventionaltwins, volevamo semplicemente mostrare alle persone quanta normalità ci fosse in una famiglia come la nostra. Normalità è una bruttissima parola lo sappiamo, ma ci sentivamo di avere un compito importante, quello di educare alle differenze, senza presunzione, ma semplicemente raccontando il nostro amore, mettendoci a nudo, scattando istanti della nostra vita e mostrando chi siamo. Abbiamo visto la pagina crescere giorno dopo giorno, riceviamo tantissimi messaggi e ne siamo davvero orgogliosi. Ci ha scritto anche qualche signora dicendoci che non aveva mai avuto la possibilità di conoscere famiglie come la nostra, e che da quando ci aveva scoperti, si era ricreduta su tante cose, che la nostra era una famiglia bellissima e i nostri figli gioia pura. Ecco, questo è il nostro più grande successo.

La cosa più bella dell’essere padre?
Essere babbi è responsabilità, è vedere i tuoi figli crescere sotto i tuoi occhi grazie agli insegnamenti che giorno dopo giorno gli dai. Essere babbi ti fa emozionare ogni singolo giorno per ogni progresso che fanno i tuoi figli, dal fare ciao con la mano, dal dire “babbu” in modo buffo, dal vederli correrti incontro quando torni da lavoro. Essere babbi e poter stringere tra le braccia tuo figlio, che hai tanto voluto e desiderato, vederlo dormire sereno nel suo lettino, ti fa capire quanto tu sia nel posto giusto, e che farai di tutto per crescerlo nell’amore e nella felicità. Essere babbi è anche guardare la persona che ami sapendo che insieme sarete una famiglia bellissima.

Quali sono i vostri progetti futuri?
Durante la nostra permanenza in America, durata 40 giorni, abbiamo comprato un diario in cui abbiamo scritto tutto quello che stava accadendo e quello che ci aveva portati fin là. Lo abbiamo scritto con l’idea di farlo leggere ai bambini una volta grandi, vogliamo che conoscano tutte le avventure che i loro babbi hanno vissuto in quell’anno e mezzo di attesa. Una volta rientrati in Italia però abbiamo trasformato il diario in un libro che stiamo ultimando e speriamo di poterlo concludere nel più breve tempo possibile. È un progetto che ci rende molto felici perché ci dà la possibilità di far conoscere alle persone la nostra storia d’amore e di famiglia. Speriamo bene.