Bronchiolite nei neonati: cos’è e come prevenirla

La bronchiolite è un'infiammazione dei piccoli bronchi che mette a rischio i bimbi molto piccoli. Come prevenirla e cosa fare quando è in corso

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Federico Mereta

Giornalista Scientifico

Laureato in medicina e Chirurgia ha da subito abbracciato la sfida della divulgazione scientifica: raccontare la scienza e la salute è la sua passione. Ha collaborato e ancora scrive per diverse testate, on e offline.

La bronchiolite è un’infiammazione dei piccoli bronchi che può mettere ko un bambino piccolo.

Sono molti i virus che possono disturbarci, soprattutto in questa stagione che precede l’arrivo dell’influenza. In molti casi, per noi adulti o anche per i ragazzi, si manifestano solamente con un semplice raffreddore: il naso si chiude, gli starnuti si moltiplicano, magari si riposa male. Ma in pochi giorni il problema si risolve.

Gli stessi virus, però, possono avere un impatto del tutto differente quando interessano un bimbo molto piccolo. In questo caso, infatti, possono provocare una patologia che crea ansia e che va affrontata a dovere, insieme al pediatra.

Stiamo parlando della bronchiolite: quello che più preoccupa i genitori è la difficoltà a respirare del lattante, che sembra quasi affannato anche se rimane tranquillo nella sua culla. A questi problemi respiratori si aggiungono spesso la febbre e la tosse. Ed ovviamente l’ansia cresce.

Sotto accusa, anche se non è l’unico responsabile visto che il quadro può anche essere legato ai tanti virus parainfluenzali che circolano, è il virus respiratorio sinciziale. Nell’adulto crea fastidi davvero semplici da gestire, ma nel bimbo piccolo può rappresentare un nemico temibilissimo, tanto che a volte può rendersi necessario il ricovero in ospedale, specie se il piccolo proprio non riesce a respirare e quindi è in debito d’ossigeno e se non si nutre a sufficienza, rischiando una carenza in particolare di liquidi, per cui è necessaria un’idratazione significativa.

Cosa sono i bronchioli

Quando respiriamo, l’aria scende dalle alte vie respiratorie attraverso la trachea, un grande tubo che si trova nel torace. Poi, come una linea ferroviaria che giunge in prossimità di una stazione principale, la trachea si suddivide nei bronchi, i “binari” del respiro. Questi diventano sempre più piccoli, assumendo le dimensioni dei bronchioli, quelli che vengono interessati dall’infezione, via via sempre più ridotti di dimensione.

Queste vie di comunicazione sono fondamentali, perché portano direttamente alla “centrale operativa” del polmone, un piccolo “sacco” pieno d’aria, che si chiama alveolo. In questo sacchetto giungono non solo le più piccole diramazioni delle vie del respiro, ma anche i capillari del sangue. E proprio negli alveoli avviene il “miracolo”.

Le pareti di queste strutture sono infatti tanto sottili da far passare i gas che arrivano dall’esterno e sono trasportati dal sangue. L’alveolo – nel corpo umano ce ne sono circa 300 milioni –  svolge costantemente la sua funzione fondamentale. Prende il gas del sangue e lo manda verso l’esterno, per farlo eliminare con la respirazione. E si “impossessa” dell’aria ricca di ossigeno, che verrà poi distribuito ai globuli rossi e quindi andrà ad alimentare tutto l’organismo. La maggior parte dell’ossigeno infatti viene caricato sulle molecole di emoglobina, i trasportatori invisibili che, all’interno dei globuli rossi, hanno il compito di portarlo fin nelle zona più lontane del corpo.

Prevenzione: attenzione ai contatti ravvicinati

Non prendetevela con il freddo. Non bisogna chiudere il bimbo piccolo a casa né coprirlo come se dovesse sfidare le intemperie dell’alta montagna quando esce in carrozzina o in passeggino. Non sono le temperature che calano a diffondere il virus, almeno direttamente. Il problema è che quando fa freddo si tende a stare spesso in casa ed ovviamente, visto che il virus passa da persona a persona, il rischio di trasmissione è molto più elevato.

Come detto, se per gli adulti c’è solo il fastidio di un raffreddore più o meno disturbante, per il bimbo piccolo possono nascere problemi più significativi. E allora conviene puntare sulla prevenzione.

Se ospiti e parenti non sono in perfetta forma, e magri sentite qualche colpo di tosse o qualche starnuto, invitateli ad evitare di prendere in braccio il bambino e pregateli di lavarsi le mani più volte, soprattutto se si avvicinano al piccolo.

Le particelle emesse con il colpo di tosse, all’interno delle quali può esserci il virus respiratorio sinciziale, possono depositarsi anche sugli oggetti. Quindi, inavvertitamente, magari si entra in contatto con un bicchiere o un piatto e poi ci si portano le mani alla bocca o agli occhi, favorendo la diffusione del nemico invisibile. In questa logica, ovviamente, c’è il rischio che anche in fratelli più grandicelli diventino possibili “agenti” che facilitano il passaggio del virus. Se hanno sintomi respiratori, teneteli lontani dal neonato.

Il vaccino non esiste

Nonostante gli sforzi della ricerca, ad oggi non è disponibile un vaccino per il virus respiratorio sinciziale. Il motivo? Per le caratteristiche del virus e dell’infezione che questo provoca, potrebbe aumentare la risposta in caso di seconda infezione piuttosto che invece indurre la protezione.

Oggi diversi centri di ricerca stanno lavorando in questo senso, ma purtroppo siamo fermi ai tentativi di qualche decennio fa, quando un candidato vaccino, pur avendo indotto una risposta del sistema immunitario in un’elevata percentuale dei bimbi inseriti nella sperimentazione, non è risultato in grado di proteggerli dall’infezione.

Per questo, seguendo i consigli del pediatra che va avvisato dei sintomi, bisogna soprattutto controllare la situazione, sapendo che non ci sono cure mirate per il virus. Occorre cercare di mantenere pulite le vie respiratorie, ad esempio con lavaggi nasali o con aerosol, e fare in modo che si nutra.

In questo senso, per il periodo dell’infezione, può essere utile ricorrere ad un numero maggiore di pasti, aumentando le frequenza ed offrendo quantità limitate di cibo e liquidi. Ciò che conta, in ogni caso, è controllare bene la situazione e la vitalità del piccolo. Innanzitutto guardate se il respiro si fa veloce, quasi affannoso.

Poi valutate se il piccolo appare meno vivace e tende ad essere poco sveglio oltre che valutare se mangia e beve, con particolare attenzione a questo aspetto. Il pediatra può darvi tutte le informazioni necessarie per monitorare l’infezione, oltre ad indicarvi le terapie che possono essere utili ed eventualmente indicarvi se è necessario il ricovero.

Ultimo, importante consiglio: non somministrate antibiotici, magari perché qualcosa è rimasto a casa. Non servono a nulla contro i virus. Il fai da te va sempre evitato e solo il medico può prescrivere questi farmaci.