Dieta a zona: cos’è, come funziona e quali sono i benefici

Ideata dal biochimico statunitense Berry Sears, è una dieta che promette benessere, partendo dall’equilibrio ormonale

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Ivana Barberini

Giornalista specializzata in Salute e Benessere

Giornalista ed economa dietista, scrive articoli su salute, alimentazione e benessere ed è specializzata nell’editing di volumi e pubblicazioni medico-scientifiche.

La dieta a zona, ideata dal biochimico americano Barry Sears, è un regime alimentare ipocalorico e antinfiammatorio che aiuta a perdere peso attraverso un attento bilanciamento dei nutrienti. Ogni singolo pasto, infatti, deve prevedere un apporto calorico che provenga per il 40%, dai carboidrati, 30% dalle proteine, 30% dai lipidi. È quindi un approccio dietetico in cui è molto importante la scelta del cibo per il suo impatto benefico sulla salute.

In realtà più che una dieta è uno stile di vita, basato sulla regolazione, attraverso l’alimentazione, di alcuni ormoni fondamentali per la vitalità dell’organismo.

È poi una delle diete oltreoceano più famose degli ultimi anni, apprezzata da attori e sportivi.

Per capire meglio di cosa si tratta e come funziona, ne abbiamo parlato anche con la Dott.ssa Francesca Stellato, biologa nutrizionista.

Cos’è la dieta a zona

È un approccio nutrizionale che non punta tanto alla perdita del peso in eccesso, quanto al raggiungimento del benessere psico-fisico.

La parola “zona”, in particolare, si riferisce al raggiungimento di un equilibrio ormonale in cui l’insulina (l’ormone prodotto dal pancreas con la funzione di eliminare gli zuccheri nel sangue e trasformarli in grasso di riserva) è in equilibrio con i suoi ormoni antagonisti, come il glucacone, ad esempio.

I sostenitori di questa dieta affermano che, raggiunto questo stato di equilibrio, la mente è più lucida, si ha più energia e si brucia più grasso.

Nello specifico, il dott. Sears ha sviluppato un sistema dietetico che mira a tenere sotto controllo una specifica classe di ormoni: gli eicosanoidi. Sono dei messaggeri chimici prodotti dalle cellule, grazie alla loro presenza si attivano o meno determinate funzioni cellulari.

Si tratta di ormoni molto importanti che controllano quasi tutti i sistemi fisiologici dell’organismo, compresa l’attività di ormoni come testosterone, insulina e ormone della crescita.

Ne esistono di due forme: quelli “buoni” (vasodilatatori) e quelli “cattivi” (vasocostrittori); l’equilibrio tra i due garantisce le normali funzioni cardiocircolatorie e non solo. I loro livelli però sono condizionati sia dalla dieta, cioè da ciò che mangiamo ogni giorno, sia da eventuali farmaci.

L’obiettivo della dieta a zona è dunque creare uno schema alimentare che riesca a favorire la produzione di eicosanoidi buoni e limitare quella di eicosanoidi cattivi, per migliorare e potenziare molte funzioni organiche.

La chiave per capire la dieta di zona è quindi partire dall’equilibrio ormonale e non dalla conta delle calorie.

«La dieta a zona è un protocollo dietetico ideato da Barry Sears – aggiunge la nostra esperta – «il quale divide i macronutrienti secondo tale schema: 40 % carboidrati, 30 % proteine e 30 % grassi. Sears, introduce 2-3 pasti in più rispetto a quelli previsti dalla dieta mediterranea, sia per migliorare il controllo glicemico e insulinico, sia perché ritiene che mangiare eccessive quantità di carboidrati, grassi e proteine contemporaneamente faciliti il depositarsi degli acidi grassi. La maggior quota proteica prevista dal protocollo alimentare, sembra arrecare benefici soprattutto negli sportivi, permettendo una maggior sicurezza nel mantenimento e nello sviluppo della massa muscolare e nel miglioramento del senso di sazietà. Per questo tipo di dieta è necessario rispettare le porzioni di carboidrati, proteine e grassi per ogni singolo pasto, ciò richiede molta precisione e dedizione. Inoltre, Sears divide i carboidrati in fonti favorevoli, ovvero carboidrati non raffinati e che contengono molte fibre e fonti sfavorevoli, cioè alimenti che generalmente sono ad alto indice glicemico e ad alta densità energetica».

Come funziona la dieta a zona

La dieta a zona, grazie alla sua ripartizione in nutrienti 40-30-30 (40% carboidrati, 30% proteine, 30% grassi), come abbiamo visto, si pone l’obiettivo di tenere sotto controllo la produzione organica degli eicosanoidi per potenziare salute e benessere.

Spesso però è descritta come una dieta che prevede un apporto calorico per il 40% dai carboidrati, il 30% dalle proteine e il 30% dai grassi. In realtà è una dieta che non considera le percentuali delle calorie, ma la quantità di proteine, carboidrati e grassi da assumere con il pasto. Tutto questo per ottenere la corretta risposta ormonale, cioè la produzione di eicosaoidi buoni, che controllano e regolano i depositi di grasso.

Si tratta di percentuali diverse dalle classiche indicazioni dietetiche che prevedono, infatti, un maggiore introito calorico dai carboidrati (anche oltre il 60%) e quantità più basse di grassi e proteine (anche meno del 15%).

I sorvegliati speciali sono soprattutto i carboidrati ad alto indice glicemico, come pane, pasta e simili, privilegiando alimenti con un basso IG per mantenere il corretto livello di insulina nel sangue. Meglio quindi gli zuccheri della frutta. Per quanto riguarda i lipidi, invece, sono da preferire i grassi buoni come quelli dell’olio extra vergine di oliva e della frutta a guscio. Per le proteine, è bene che provengano da fonti come la carne bianca, il pesce e i legumi.

I pasti della dieta a zona si suddividono poi in blocchi, che garantiscono a ogni pasto o spuntino il rapporto bilanciato 40-30-30.

L’apporto energetico complessivo consigliato è, per le donne, 1200 calorie al giorno, per gli uomini 1600 calorie.

Questo regime alimentare, inoltre, considera importanti agli spuntini, fondamentali per attenuare la fame tra un pasto e l’altro. È fondamentale anche non lasciar trascorrere più di 4/5 ore tra un pasto e l’altro.

Dieta a zona: le regole

Sono molti semplici: mangiare un po’ tutto, ma con equilibrio e moderazione. In particolare però:

  • Ogni pasto o spuntino deve contenere tutti i nutrienti (carboidrati o zuccheri, grassi e proteine).
  • Regola del 40-30-30.
  • Preferire i carboidrati contenuti in frutta e verdura; ridurre dolci e cereali raffinati.
  • Consumare almeno 5 pasti al giorno (non devono trascorrere più di 5 ore tra un pasto e l’altro), compresi gli spuntini che servono a controllare l’equilibrio ormonale in modo continuativo.
  • Tenere sotto controllo l’eccesso di insulina dovuto ad alimenti troppo raffinati e/o a cibi troppo salati. È importante un rapporto bilanciato tra insulina e glucagone (il primo accumula l’eccesso calorico in riserve di grasso, il secondo le attiva).

Cosa mangiare con la dieta a zona: esempio di menù

Il primo pasto del giorno è sempre il più importante, quindi una buona colazione, ricca e nutriente, favorirà l’attivazione del metabolismo e dovrebbe essere consumata entro un’ora dal risveglio. Inoltre, per aiutare la digestione è bene bere un bicchiere di acqua 30 minuti prima di ogni pasto. L’acqua non deve mai mancare, non solo per una corretta idratazione ma anche perché contribuisce a mantenere la pelle sana, regola la temperatura corporea e protegge gli organi.

Vediamo allora un esempio di menù, a titolo esemplificativo, indicato dalla Dott.ssa Stellato.

COLAZIONE Porridge con 30 g di fiocchi di avena e 180 ml di latte pz scremato, frittata di albumi (160g) con 10 g di burro di mandorle, 1 kiwi con cannella
PRANZO 120 g di arista di maiale, 200 g di patate bollite, 5 g di burro
MERENDA 1 fetta di pancarrè, un velo di maionese, 30 g di fesa di tacchino
CENA Minestra di pasta (35 g) e lenticchie secche (50 g), 1 cucchiaio di olio EVO, 1 coscia di pollo al forno senza pelle
SPUNTINO 1 bicchiere di latte parzialmente scremato (200 ml)

Differenze tra dieta a zona e dieta classica

La differenza principale è nel favorire il consumo di frutta e verdura rispetto ai farinacei come pane e pasta. Gli alimenti vegetali, infatti, dovrebbero rappresentare la maggior parte dei carboidrati da assumere, mentre pane e pasta andrebbero limitati.

Vediamo allora quali sono i cibi da preferire per la dieta a zona.

Carboidrati Cereali da limitare: pane, pasta, riso, pizza, biscotti, fette biscottate, grissini, corn flakes, snack, riso (anche soffiato). Consigliati: segale, orzo, farro e avena.

Frutta: tutta, tranne banane e uva passa.

Verdura: tutta (soprattutto la verdura a foglia), tranne barbabietole, carote, patate, piselli.

Zucchero: il saccarosio (zucchero da cucina) è meglio sostituirlo con il fruttosio per il suo basso indice glicemico.

Proteine Carne: coniglio, pollo, tacchino, tagli magri di carne rossa, bresaola, prosciutto, speck.

Pesce: (almeno due volte la settimana) tonno, sgombro, salmone, pesce spada, merluzzo

Latticini: fiocchi di latte, formaggi magri o light (inferiori al 20% di materia grassa), ricotta; latte parzialmente scremato e yogurt magro.

Uova: due uova intere a settimana.

Legumi: derivati della soia e altri legumi come fagioli, fave e lenticchie.

Grassi Olio extravergine d’oliva, mandorle, anacardi (contengono acidi grassi monoinsaturi e omega 3). Evitare burro, carne rossa grassa, insaccati, lardo, frattaglie, cibi industriali e preparati con oli vegetali idrogenati.
Vitamine e sali minerali Presenti in grande quantità nei cereali e negli alimenti integrali, nella frutta e nella verdura, che non devono mai mancare nel piatto.

Come si segue la dieta a zona

La lista dei cibi concessi è piuttosto ampia e si tratta comunque di alimenti facilmente reperibili nei supermercati. Inoltre, non è un programma alimentare difficile da mantenere: non ci sono cibi assolutamente vietati, solo alcuni da consumare con moderazione come pasta e pane e prodotti da forno in generale. Non serve contare le calorie e per stabilire la corretta quantità di cibo da assumere ogni giorno, sono previsti due sistemi:

  • Palmo della mano o sistema “a occhio”.
  • Blocchi.

Vediamo di cosa si tratta.

Sistema del palmo della mano

È un modo molto pratico, forse poco preciso, per evitare di pesare i cibi ma può essere utile se non si ha una bilancia in cucina o si è fuori casa.

Per ogni pasto si consumano tante proteine (pesce o carne) quanto il palmo della propria mano (escludendo le dita) come grandezza e spessore. Il resto è verdura, condita con olio extra vergine d’oliva. La frutta si mangia a fine pasto nella quantità di due dei propri pugni. Se non si vuole rinunciare alla pasta o al pane, si può diminuire la quantità di verdura e sostituire la frutta con pasta o pane pari alle dimensioni del proprio pugno.

Sistema dei blocchi

È certamente più preciso. Il blocco è l’unità di misura del cibo e ogni blocco è composto da 9 g di carboidrati, 7 g di proteine e 3 g di grassi. Il calcolo del numero di blocchi da assumere quotidianamente deve tenere conto della propria massa magra e del tipo di attività fisica svolta. Per questo è importante rivolgersi a un professionista.

Quanto si può dimagrire con la dieta a zona?

Lo scopo principale di questo regime alimentare non è tanto la perdita del peso, quanto il mantenimento del benessere e dello stato di salute generale. In particolare, secondo il suo ideatore, è aiutare le persone a modulare la risposta infiammatoria dell’organismo che, se troppo accentuata, può provocare malattie croniche. Prima di cominciare la dieta è però necessario chiedere consiglio al proprio medico, soprattutto se si soffre di qualche malattia o si segue una terapia farmacologica.

Per quanto riguarda il peso, essendo comunque una dieta ipocalorica, è possibile perdere circa 7 kg in 3 settimane. Non è quindi una dieta “miracolosa” che promette di dimagrire in poco tempo, ma consente di perdere peso in modo sano e di non riprendere i chili persi una volta interrotta.

Controindicazioni

La dieta a zona non è riconosciuta dalla comunità scientifica e si sa ancora troppo poco sulla relazione tra dieta, sistema ormonale e metabolismo degli eicosanoidi. Tra le principali critiche c’è l’eccessiva importanza all’azione dell’insulina che, se limitata oltremisura, obbliga il corpo a trasformare i grassi ( e a eliminare le conseguenti scorie) in carboidrati. In altre parole, Sears ha generato una certa confusione sul reale ruolo dell’insulina sulla nostra salute, un ormone che comunque svolge un’azione preziosa nel nostro metabolismo.

È importante, soprattutto per gli sportivi, avere a disposizione riserve di carboidrati da utilizzare negli sforzi di una certa intensità. Sono carboidrati che arrivano dal glucosio circolante nel sangue, dal glicogeno immagazzinato nei muscoli e da quello presente nel fegato.

Il meccanismo di regolazione delle scorte di glicogeno è modificato dall’insulina, quindi non è corretto pensare che l’insulina agisca solo sul glucosio circolante nel sangue (glicemia).

Cosa succede quando le riserve di glicogeno sono complete? Nel “magazzino” non c’è più spazio, quindi è necessario accumulare l’energia in altra forma, cioè in grasso. Ecco che allora l’azione dell’insulina diventa sfavorevole e “ingrassante”, poiché l’eccedenza di carboidrati è trasformata in grassi.

Secondo alcuni esperti l’errore di Sears è non aver ben compreso l’azione dell’insulina: prima riempie le scorte di glicogeno e poi passa alla trasformazione in grasso. Solo nei casi di persone in sovrappeso, con uno stile di vita sedentario, in cui le scorte sono già al massimo, il ragionamento di Sears sarebbe corretto.

In realtà, secondo i professionisti della nutrizione, non è l’eliminazione di uno o più nutrienti che rende valido un regime nutrizionale ma avere un corretto stile di vita e un’alimentazione sana, varia e completa.

Fonti:

Aspetti principali della dieta