La dieta dei cibi “vivi”. I migliori amici della salute

Sì ai cereali in chicchi, legumi secchi non trasformati, frutta e verdura. Da evitare, invece, farine e alimenti trattati

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Luana Trumino

Editor specializzata in Salute & Benessere

Laureata in Scienze dell’Alimentazione e Nutrizione Umana, da oltre 15 anni scrive di benessere, occupandosi prevalentemente del rapporto tra nutrizione e salute.

Hai mai provato a versare una dose di farina in un bicchiere d’acqua? Quello che otterrai sarà una specie di “colla”. Se versi, invece, una porzione di cereali o legumi o semi nell’acqua nasce un germoglio. I cereali sono alimenti vivi, la farina è un alimento morto. Eppure, ogni giorno, senza pensarci, seguiamo in netta prevalenza una dieta di questo tipo, derivata dagli animali e dalla farina. Cibo confezionato, scatolato, sottovuoto, disidratato, trattato con procedimenti fisici e chimici. Cibo morto e… sterile!

“Sì, perché si tratta spesso di alimenti che hanno subito tutta una serie di lavorazioni e trasformazioni che li hanno resi ormai privi di qualsiasi carica vitale. Sono quindi prodotti che non solo non apportano benefici al nostro organismo, ma anzi creano delle problematiche con cui saremo costretti a fare i conti nel tempo”, spiega la dott.ssa Marilù Mengoni, nutrizionista e psicologa, ideatrice del metodo di Psicoalimentazione.

Quali sono, dunque, gli alimenti “morti” e che effetti hanno sulla nostra salute?

“Iniziamo dai chicchi: quelli che hanno subito trasformazioni sono da inserire in questa categoria. Un chicco integrale, sia esso di riso, di farro, di avena o di altri cereali, ha in sé preziose sostante che servono al nostro metabolismo, ma ciò non vale per i cereali che sono stati lavorati per renderli più commerciali: questi infatti possono essere considerati  solo calorie vuote”, racconta l’esperta. “E questo ‘vuoto’ ruba al nostro corpo una lunga serie di elementi: non trovando nel cibo le sostanze che servono per il nostro organismo, ce li sottrae, e così piano piano avremo sempre meno a disposizione il magnesio, le vitamine del gruppo B, lo zinco, il manganese e molti altri ancora. Stiamo, infatti, diventando un grande popolo di ‘obesi denutriti’, con tutte le patologie connesse a questo stato. Anche  per le farine si può dire la stessa cosa, dal momento che si tratta di chicchi macinati. Le farine infatti iniziano a ‘invecchiare’ già dall’ottavo giorno dalla macinazione ed al quindicesimo sono completamente devitalizzate”.

“Se lo si fa ogni tanto, ogni 10-15 giorni, naturalmente non è un problema. Il fatto è che questo, almeno da noi in Italia, avviene molto più spesso: almeno una volta al giorno introduciamo nel nostro corpo prodotti di questo tipo, come pasta, pane, pizza, biscotti, cracker, grissini, fette biscottate e molti altri ancora. Dobbiamo fermarci un attimo e riflettere, mettere in discussione ciò che troviamo già pronto, chiederci da dove proviene quel prodotto che troviamo negli scaffali, e cambiare direzione, fare scelte diverse. Prodursi farina da soli, a partire dal chicco vivo, non è poi così difficile (e non richiede molto tempo), basta avere un macina cereali a pietra, facilmente reperibile anche in internet o nei negozi specializzati. Si tratta poi anche di aprire la mente e sperimentare un nuovo modo di fare la spesa e di nutrirsi”.

E quali quelli “vivi”? 

“Tutti quelli non trattati sono in grado di germogliare, sono da ritenersi “vivi”. Provate invece a  far germogliare un chicco di riso bianco poi ditemi cosa è accaduto! Niente! Può star lì anche 100 anni e sarà identico a prima. Invece un seme di riso integrale, o di farro (non perlato) o di grano, se messo nelle giuste condizioni, produce un piccolo germoglio, segno della sua vitalità. Scegliete ciò che è “più vicino alla terra”, ovvero più vicino all’aspetto che ha quando è stato raccolto. E naturalmente pensate anche a come lo trattate, questo cibo. Le eccessive temperature possono distruggere importanti elementi, specialmente vitamine idrosolubili e alcuni preziosi minerali, ma anche enzimi, ormoni, complessi antiossidanti naturali, pigmenti. Una buona parte della nostra alimentazione quotidiana dovrebbe quindi prevedere l’utilizzo di cibo crudo”. 

Qual è dunque la dieta dei cibi “vivi”?

“Tutta la frutta e la verdura biologica (possibilmente a “km 0”), i cereali e i legumi che non hanno subito processi di trasformazione (e che possono quindi essere consumati anche sotto forma di germoglio), la frutta oleosa in guscio, come le noci, le mandorle, i semi di girasole ecc. sono tutte scelte a favore della salute e del benessere fisico e mentale. Pensiamoci, quando andiamo a fare la spesa”, conclude la nutrizionista.