Balbuzie in adulti e bambini: cos’è e come superarla

La balbuzie negli adulti e nei bambini: scopriamo come vincerla e superarla

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Andrea Costantino

Medico chirurgo

Medico abilitato alla professione, iscritto all'albo dei Medici e degli Odontoiatri di Siena.

Per aiutare i bambini a superare la balbuzie, impariamo ad ascoltarli, dando loro tutto il tempo di cui hanno bisogno per elaborare le loro emozioni. E per gli adulti? Scopriamolo insieme.

Cos’è la balbuzie

La balbuzie (o disturbo della fluenza ad esordio infantile) è un disturbo del linguaggio caratterizzato da involontarie rotture e blocchi della normale fluidità della comunicazione che ne viene quindi compromessa (le alterazioni del ritmo della parola prendono il nome di disfluenze).

L’incidenza della balbuzie in tutto il mondo varia tra il 5 e l’8%, con una maggiore probabilità dei maschi rispetto alle femmine di esserne affetti. Generalmente compare tra i 2 e i 6 anni di vita, in concomitanza con le difficoltà che insorgono nell’apprendimento del linguaggio, ma può manifestarsi anche successivamente.

Non esistono cause singole ed esclusive della balbuzie evolutiva: ci sono ipotesi organicistiche, altre che pongono l’attenzione sulla base genetica ed ipotesi che sottolineano l’importanza di fattori diversi che intervengono provocando il disturbo (potremo parlare, quindi, a tutti gli effetti di una condizione multifattoriale). Sappiamo, comunque, che i bambini che hanno parenti di primo grado che balbettano hanno una maggiore probabilità di sviluppare a loro volta la balbuzie. In ogni caso, come per gran parte dei disturbi, è sempre bene considerare l’interazione dei fattori genetici con quelli ambientali.

La balbuzie nei bambini: cause, sintomi e rimedi

Le disfluenze sono prolungamenti o ripetizioni del parlato che non necessariamente sono indici di balbuzie. A volte il bambino di età inferiore a quattro anni che sta sviluppando il linguaggio, riesce a farsi capire ma il suo discorso può presentare esitazioni, prolungamenti di sillabe e di suoni o ripetizioni di intere parole.

Ciò che distingue le disfluenze del balbuziente dalle normali disfluenze del bambino non-balbuziente è un insieme di caratteristiche legate alla frequenza, alla collocazione e alla durata della disfluenza; inoltre, il bambino con balbuzie balbetta più spesso all’inizio della frase e la durata di ripetizioni e prolungamenti è superiore alle due volte per ciascuna unità (es. “pa-pa-pa-parola” invece di “pa-parola”).

Generalmente il disturbo, specie se si manifesta dopo la cosiddetta “seconda infanzia”, può essere accentuato da forti paure che non si è riusciti a gestire, potendo, inoltre, essere sentinella di contesti familiari troppo carichi di proibizioni e di emozioni che non hanno modo di potersi esprimere. I bambini, infatti, necessitano di tempo per elaborare. È importante, poi, capire quali sono le situazioni che stressano il bambino tali da non consentirgli di metabolizzare i propri vissuti emotivi.

La diagnosi di balbuzie nei bambini

La balbuzie richiede un’attenta valutazione, che prevede il contributo di più figure professionali: il neuropsichiatra, il pediatra ed il logopedista. Per effettuare la diagnosi è necessario svolgere un’accurata visita in cui bisogna indagare le possibili cause come la presenza di altri casi di balbuzie nei familiari, malattie neurologiche pregresse e traumi da parto.

È inoltre necessario raccogliere informazioni sul periodo di inizio della balbuzie, sui sintomi e sulla gravità del disturbo.

Dal punto di vista prettamente psicologico, è interessante notare come il balbuziente manifesti spesso il sintomo quando si sente osservato: ha, dunque, un ruolo importante lo sguardo e il sentimento di vergogna. Vergogna significa “non voler esser visti” perché in gioco c’è l’identità, che, nel caso del bambino, si sta ancora formando e che ha bisogno dell’interazione con l’altro per strutturarsi. Lo sguardo è, peraltro, essenziale in quanto dev’essere accogliente, dovendo permettere al bambino di avere il giusto tempo per potersi esprimere.

Spesso gli impegni e la frenesia non danno modo alle cose e alle esperienze vissute dal bambino di acquisire senso e di venir comprese, per cui l’”agitazione” può palesarsi attraverso un linguaggio interrotto che necessiterebbe, forse, soltanto di una giusta dose di calma. Per evitare che la balbuzie diventi patologica è bene che i genitori non tendano a sottolineare eccessivamente il problema che spesso è solo un modo per esprimere uno stato di stress.

La riabilitazione della balbuzie nel bambino

Il logopedista svolgerà la riabilitazione della balbuzie del bambino con tecniche adeguate ed esercizi specifici a seconda delle manifestazioni del disturbo che può presentarsi come:

  • Difficoltà ad iniziare a parlare;
  • Difficoltà a completare la parola;
  • Produzione di clonie (contrazione spasmodica dei muscoli) talvolta associate a sincinesie (movimenti involontari) del volto.

È importante ascoltare il bambino quando parla, anche se si mette a balbettare, con attenzione e serenità, senza mostrare fretta, ansia, insofferenza. Bisogna lasciare che questi possa concludere sempre il suo discorso, anche se ciò richiede più tempo.

È utile parlare molto al bambino, in modo rilassato e lento, senza scandire troppo le parole, poiché questi noterebbe subito la differenza di come ci si rivolge a lui e potrebbe ingigantire il problema.

Infine è sempre necessario valorizzare le altre qualità del piccolo in modo da aumentare la sua autostima. Tra le tecniche che sicuramente l’infante balbuziente deve acquisire, è necessario citare la respirazione armonica, atta a non alterare il ritmo della parola: in questo modo, il bambino evita di andare in apnea, occludendo le corde vocali e perdendo la normale fluidità del linguaggio.

Per poter “esercitare” ed acquisire quest’abilità, esistono degli esercizi specifici che seguono un percorso studiato proprio per fornire alla persona balbuziente una respirazione fluida.

La balbuzie negli adulti: cause, sintomi e rimedi

L’adulto balbuziente è stato a sua volta un bambino balbuziente. Il senso di imbarazzo e di ansia ogni volta che apriva bocca si è in un certo senso consolidato e cristallizzato, attivando una sorta di circolo vizioso. In generale, è nell’adolescenza che il problema si acutizza, perché in questa fase evolutiva si struttura in modo più forte il “proprio io”. La balbuzie, infatti, può compromettere le relazioni, gli aspetti sociali, le scelte e tutto ciò che è essenziale ad un’identità per riconoscersi e formarsi. Andando avanti con l’età, il disturbo tende così a cronicizzarsi ed a manifestarsi soprattutto nelle situazioni che prevedono un cambiamento.

Cosa fare? Accettare le esperienze vergognose perché ciò aumenta la possibilità di consapevolezza e quindi di trasformazione. Inoltre, le difficoltà di comunicazione sono spesso difficoltà di percezione: non si ascolta l’interlocutore, mentre egli parla si pensa già a cosa dire. Con il pensiero si va avanti, magari anticipando negativamente le risposte emozionali di imbarazzo o di vergogna che si proveranno. È importante, allora ,partecipare il più attivamente possibile all’ascolto.

Quando l’individuo avverte che è in procinto di doversi misurare con uno stato di estrema agitazione, è utile spostare l’attenzione sugli oggetti presenti, sui colori della stanza e cercare di rilassare i muscoli facciali. Un approccio che unisca un lavoro fonetico, logopedico e psicologico è sicuramente un supporto importante per superare il problema, sia da bambini che da adulti.

Curiosità sulla balbuzie

  • Perché quando si canta non si balbetta? Parlare e cantare occupano due aree diverse del cervello: l’emisfero destro “governa” il canto, mentre quello sinistro il linguaggio. Il canto, poi, segue un ritmo e quindi obbliga a fare pause respiratorie già definite: la persona conosce il testo, le pause e i respiri e questo comporta una diminuzione della balbuzie.
  • Cinque bambini su 100 al di sotto dei 5 anni soffrono di balbuzie, ma solo per uno di loro il problema diventa cronico, mentre gli altri quattro lo superano con la crescita.
  • Il disturbo colpisce di più i maschi, con una proporzione di 4 a 1.
  • Se il padre balbetta, il figlio maschio ha il 25% di probabilità di avere lo stesso disturbo, la femmina solo il 12%. Le percentuali salgono rispettivamente a 37% e 15% se è la madre a balbettare. Se entrambi i genitori sono balbuzienti, le percentuali salgono al 70%.

Fonti bibliografiche: