Disturbi dell’apprendimento: ecco come riconoscerli e affrontarli

Come capire se nostro figlio soffre di un disturbo dell’apprendimento, chi si occupa della diagnosi e come intervenire. Ne abbiamo parlato con un’esperta.

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Giorgia Marini

Parenting Specialist

Ex avvocato. Blogger, con la laurea sul campo in Problemi di Mammitudine. Da 6 anni scrivo di gravidanza, maternità ed infanzia, sul mio blog “Stato di Grazia a Chi?” e su altre testate online. Racconto la maternità con brio, garbo ed empatia.

A differenza di qualche decennio fa, oggi sappiamo che sono tanti i disturbi dell’apprendimento dei quali possono soffrire i nostri bambini, e che riconoscerne i sintomi è fondamentale per poter intervenire tempestivamente.

Probabilmente chi ha figli che frequentano la scuola elementare, avrà sentito dire che quel tal compagno o compagna di classe soffre di un disturbo dell’apprendimento, in quanto si tratta di difficoltà che affliggono non pochi bambini e i cui sintomi si manifestano, come vedremo, nei primi anni della scuola primaria.

Chissà quanti adulti, compresi ovviamente noi genitori, durante la scuola, abbiamo sofferto particolarmente un certo tipo di apprendimento che ci risultava eccessivamente faticoso ma che, a causa della poca sensibilità e/o conoscenza sul tema, siamo stati solo bollati con una semplice affermazione come “ il bambino è pigro” o “l’alunno non si impegna abbastanza”.

Oggi le cose sono decisamente cambiate e grazie anche a professionalità come quella della dottoressa Claudia Curcelli, Terapista della Neuro e Psicomotricità dell’Età Evolutiva, che ci ha aiutato a raccontarvi quali sono i disturbi dell’apprendimento più comuni, come riconoscerli e come, i bambini che ne soffrono, possono ricevere un supporto efficace e tempestivo.

Non possiamo che affidarci ad uno/una specialista perché quando parliamo dei bambini relativamente piccoli non siamo sempre in grado di capire se, ad esempio, un disturbo del linguaggio nei piccoli, sia solo una fase o rappresenti una vera criticità. Idem per quelli che vengono comunemente chiamati DSA.

Bambini con disturbi dell'apprendimento
Fonte: iStock
È importante riconoscere i disturbi nei bambini, già da piccoli

La dislessia: cos’ è in cosa consiste

I disturbi specifici dell’apprendimento sono la dislessia, la disortografia, la disgrafia e la discalculia. Sicuramente la dislessia è quello di cui più abbiamo sentito parlare. Molte persone di successo, oggi mature e realizzate professionalmente, hanno spesso dichiarato di averne sofferto da bambini/e, senza saperlo. Diagnosi che, nel loro caso, non è avvenuta tempestivamente e che ha creato non pochi problemi durante gli anni dell’apprendimento, scolastico e non solo. Ma cos’è la dislessia e come riconoscerne i sintomi?

“Per dislessia si intende una difficoltà nell’automatizzazione della lettura (lettura lenta e/o con errori), con compromissione o meno della comprensione del testo. La diagnosi può essere effettuata già dalla  fine della  2° primaria”.

Dunque, si tratta di un disturbo che inficia sulla lettura di un testo, che si caratterizza per la difficoltà nell’effettuare una lettura accurata e fluente, in termini di velocità e correttezza. Risulta difficile riconoscere le lettere singole, le sillabe e quindi le parole associandole ai suoni corrispondenti. Possono verificarsi salti di intere parole o addirittura di righe intere. Un altro segnale è dato dalla tendenza a completare la parola in modo intuitivo e a procedere con parole di fatto inventate. Possono esserci anche ripercussioni sull’apprendimento matematico come difficoltà nella decodifica dei simboli numerici.

Si tratta di difficoltà che manifestano tutti i bambini che si approcciano alla lettura per la prima volta ma che, se la maggior parte di loro li superano, chi soffre di dislessia non riesce a farlo. Si capisce, alla luce di questo, perché è alla fine del secondo anno della scuola elementare che solitamente viene effettuata la diagnosi. Ovviamente è anche importantissimo sottoporre i bambini a controlli oculisti annuali, perché quella fragilità nella lettura potrebbe avere anche a che fare con un’eventuale miopia.

Bambini con disturbi dell'apprendimento
Fonte: iStock
È importante riconoscere i disturbi nei bambini, già da piccoli

La disortografia: sintomi

Meno si parla dei questo secondo disturbo dell’apprendimento, la disortografia che, per le sue caratteristiche, è anch’esso diagnosticabile durante i primi anni della scuola elementare.

“La disortografia è la presenza di molti errori ortografici, quindi una difficoltà nell’automatizzare e applicare le regole ortografiche. La sua diagnosi avviene entro la fine della 2° primaria”.

Il bambino fa confusione tra fonemi simili, cioè tra suoni alfabetici che si assomigliano, come ‘F/V’, ‘D/T’, ‘B/P’, ‘L/R’. Da questa difficoltà a elaborare correttamente la somiglianza derivano le sostituzioni di grafemi durante la scrittura, che portano a scrivere le parole in modo errato, sostituendo alcune consonanti. Frequentemente viene tralasciata la doppia consonante.

Ancora una volta si capisce che si tratta di un processo che tutti i bambini affrontano quando cominciano ad imparare a scrivere ma che, se non viene superato, a dispetto del resto della classe, può essere un sintomo della disortografia.

La disgrafia: il disturbo della scrittura

La disgrafia è il disturbo della scrittura a livello grafo-motorio. È interessato solo il grafismo, in questo caso. Spesso la grafia del bambino che ne soffre è illeggibile oppure molto disordinata, con tempi di esecuzione lunghi, con un tratto grafico marcato, diversa grandezza delle lettere. Anche qui la diagnosi può essere fatta alla fine della  2° primaria”.

Un sintomo poco comune ma che comunque può far sospettare questo disturbo è il dolore durante la scrittura: questo inizia nell’avambraccio e poi si diffonde in tutto il corpo. Il deficit di chi ne soffre ricade nei processi di realizzazione grafica, che si manifesta con una scrittura lenta e frammentata, oppure impulsiva, disorganizzata nello spazio, in gran parte illeggibile, a volte per lo stesso autore. Quando questo genere di disturbo non viene diagnosticato, il bambino potrà soffrire anche a livello di autostima, a causa di una cattiva considerazione della sua fragilità come forma di pigrizia o poco impegno.

La discalculia e l’apprendimento della matematica

“La discalculia è un disturbo che coinvolge l’area logico-matematica. Si manifesta con difficoltà nelle abilità di base del calcolo (es. enumerazione, concetto di numerosità, lettura e scrittura dei numeri), errori nel calcolo, scarsa memorizzazione dei “fatti aritmetici” (tabelline, addizioni semplici). La diagnosi può essere effettuata alla fine della 3° primaria”.

Gli studi più recenti evidenziano come la discalculia abbia una base neurologica diversa dalla dislessia. Altre volte alla base ci sono difficoltà di orientamento e sequenzialità spaziale. Alla base della discalculia, oltre alle specifiche difficoltà in ordine alla compromissione della cognizione numerica, possiamo ritrovare anche carenze relative alle abilità visuo-spaziali, percettivo-motorie o alla memoria di lavoro. Spesso sono presenti anche lentezza nel processo di simbolizzazione e di organizzazione spazio-temporale.

Bambini con disturbi dell'apprendimento
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È importante riconoscere i disturbi nei bambini, già da piccoli

Come avviene la diagnosi e cosa si può fare

Ora che abbiamo visto quali sono i disturbi dell’apprendimento, quali sono i sintomi che ci permettono di riconoscerli e in quale fascia di età è possibile diagnosticarli, dobbiamo capire come e chi deve e può intervenire. Certamente, al genitore comune, può venire solo un semplice sospetto, ma non è la persona che può davvero emettere una diagnosi né porre rimedio al disturbo.

A volte, una particolare fatica del bambino, a scuola o quando fa i compiti a casa, potrebbe nascondere altro, come una problema della vista o una richieste di attenzione, per cui meglio evitare di tirare ad indovinare, per il bene dei nostri figli.

Può essere difficile per noi, confondere quello che è solo un processo di apprendimento solo più lungo, rispetto al resto del gruppo classe da un vero disturbo, come, del resto, capitava agli stessi docenti, fino a una poca manciata di anni fa.

Ecco cosa di racconta la dottoressa Claudia Curcelli che si occupa proprio di bambini che soffrono di tali disturbi.

“La diagnosi può essere fatta dal neuropsichiatra Infantile o dallo psicologo, sulla base di test standardizzati che vanno a valutare le prestazioni nelle varie aree degli apprendimenti scolastici, e soltanto in presenza di un Q.I. nella norma (anche qui si valuta con un test standardizzato somministrato sempre dallo specialista).

Sebbene la diagnosi possa essere effettuata soltanto dopo la fine della 2 primaria, possono presentarsi campanelli d’allarme anche precocemente, alla scuola dell’infanzia. In generale, a partire dall’ultimo anno della scuola dell’infanzia, possiamo prestare attenzione alla consapevolezza meta fonologica (ad es. come inizia la parola “Casa”? quali parole iniziano con “PA”? ecc.), alle abilità di memoria, alle capacità di conteggio ed enumerazione, riconoscimento di lettere e numeri e così via.

Alle elementari, noteremo anche una lentezza nell’acquisizione della letto-scrittura, confusione nella lettura di singole lettere (soprattutto quelle simili es. p-q; b-d), difficoltà della gestione dello spazio all’interno del foglio e del rigo durante la scrittura, regole ortografiche non acquisite e così via, a secondo del disturbo in oggetto.

Se si dovessero notare problematiche, dopo un confronto genitori/insegnanti, è bene rivolgersi al pediatra che rimanderà ad una visita specialistica dal neuropsichiatra infantile o dallo psicologo per gli accertamenti clinici del caso.

In caso di diagnosi di DSA verrà intrapreso un percorso riabilitativo con un / una logopedista e terapista della neuro e psicomotricità dell’età evolutiva. A livello scolastico, verrà valutato l’utilizzo di strumenti compensativi (es. tavola pitagorica, utilizzo di mappe concettuali, sintesi vocale per la lettura) e dispensativi  (evitare la lettura ad alta voce, evitare l’uso del corsivo, non eseguire prove a tempo etc) calibrati sul singolo studente”.