Nadia Comaneci, una storia di dolore e rinascita

La storia di un'atleta di fama mondiale schiava del regime di Ceauşescu. Poi quel lieto fine, quando tutto sembrava perduto

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Sabina Petrazzuolo

Lifestyle editor e storyteller

Scrittrice e storyteller. Scovo emozioni e le trasformo in storie. Lifestyle blogger e autrice di 365 giorni, tutti i giorni, per essere felice

La verità è che a leggerla, questa storia, si ha come l’impressione di trovarsi davanti a romanzo intenso e struggente che racconta la tragica storia di una farfalla rimasta intrappolata nella tela di un ragno. Ma la vita di Nadia Comaneci non è frutto di una penna romanzata di qualche scrittore, perché il suo dolore così come la rivincita personale arrivata dopo tanto, troppo tempo, sono reali.

Nadia Comaneci: così nasce una stella

Nadia Comaneci nasce in Romania il 12 novembre 1961. Oggi tutti la conosciamo per essere una delle atlete più grandiose e straordinarie del XX secolo. Il suo talento si manifesta sin dalla tenera età e viene subito notato. Il tecnico rumeno Béla Károly, che vede quella bambina che frequenta ancora le scuole elementari, non ha dubbi sul suo futuro: diventerà un’atleta di fama mondiale.

Nadia ha solo 6 anni quando entra nella scuola di Béla e Marta Károlyi, un’istituto che tutti conoscono per gli allenamenti estremi, quasi spietati. Cibo razionato, vessazioni fisiche e psicologiche come quelle denunciate ai giorni nostri dalle ex farfalle della ritmica italiana: la quotidianità non è facile per le ginnaste che frequentano la scuola e che condividono tra loro i sogni e le speranze.

Non è facile neanche per Nadia che trascorre i suoi giorni tra allenamenti durissimi e punizioni che le vengono inflitte tutte le volte che non rispetta le regole ferree degli allenatori

A 14 anni, quella bambina prodigio, è già un cigno. Leggero, leggiadro. Pesa meno di 40 chilogrammi ed è alta 155 centimetri. Una forma fisica perfetta che le consente di volare sugli attrezzi. Di librarsi nell’aria e di incantare.

Nadia lavora duramente per realizzare quel sogno che si trasforma in un’ossessione, fisica e mentale. Non può neanche permettersi di sorridere, perché qualsiasi movimento potrebbe far vacillare l’equilibrio di quel corpo leggero come una piuma. Nel 1976 entra nella storia con il suo “10 perfetto” alle Olimpiadi di Montreal. Tutti parlano di lei: la guardano e la ammirano.

Sono gli anni in cui la Romania è governata dal dittatore Niculae Ceausescu e dalla moglie Elena ed è così tanta la fama della ginnasta che chi è al potere sceglie di utilizzarla per mostrare al mondo occidentale tutto il potere della Romania. Così Nadia diventa un’eroina nazionale, ma soprattutto una pedina del regime.

Proprio durante le Olimpiadi di Montreal nel 1976 Nadia incontra Bart Conner, un giovane ginnasta americano che guarda con ammirazione la sua giovane, quanto determinata, collega. Ma gli occhi di Bart non sono gli unici a posarsi sulla ragazza. A notarla, infatti, è anche Nicu Ceausescu, figlio del dittatore nonché uomo violento di 10 anni più grande che, senza chiedere il permesso si prende il corpo e l’anima dell’atleta.

Nadia Comaneci
Fonte: Getty Images
Nadia Comaneci a 14 anni, Montreal 1976

Il cigno intrappolato

Gli anni successivi a quell’incontro si trasformano per Nadia in una sorta di discesa verso gli inferi senza via d’uscita. Contro il suo volere la ginnasta si ritrova intrappolata in una relazione violenta, scivolando così nei luoghi oscuri dell’anima dove nessuno oserebbe addentrarsi mai.

Continua a muoversi e a dare spettacolo però, anche se la pressione è tanta. Nel 1980, in occasione delle Olimpiadi, i riflettori si accendono sulla campionessa, ma lei fa un errore: cade durante l’esibizione. La luce dell’eroina nazionale, però, non viene oscurata da quella caduta, e la ginnasta riesce comunque a guadagnare due ori e due argenti.

Splende Nadia, ma lo fa solo quando si esibisce e non con poca fatica. Le persone non sanno che il suo corpo etereo, ma soprattutto la sua anima, sono intrappolati nella prigione del regime. Viene monitorata, e spiata costantemente, dagli agenti segreti di Ceausescu. Non è libera di fare nulla e lo sa. Così cade nel vizio e nel dolore, abusando di cibo e ingrassando, allontanandosi da tutto e da tutti, anche dallo sport.

Alla fine, stanca, tenta il suicidio. Ma non muore, almeno non fisicamente. Dopo aver tentato di tagliarsi le vene, e poi di avvelenarsi, Nadia è costretta a ricominciare da capo seguendo, ancora una volta, le regole del regime. Il dittatore insabbia ogni cosa: nessuno deve sapere dei tormenti della ginnasta e lei deve tornare a essere la campionessa per il quale il Paese è orgoglioso.

Rassegnata a quel destino scritto da altri, Nadia continua a splendere, o almeno ci prova fino al 1984 quando stanca si ritira dal mondo della ginnastica.

Nel 1989 Nadia ha 28 anni e prende una decisione cruciale: meglio rischiare di morire piuttosto che continuare a vivere così. La notte del 27 novembre scappa da Bucarest e a piedi raggiunge Vienna. Va all’ambasciata americana e chiede l’asilo politico.

Non c’era alternativa. Meglio morire, mi sono detta, piuttosto che vivere da ricca, con tanti gioielli nel cassetto, tanta servitù, l’auto blu con autista in livrea e senza la libertà di muovermi come volevo, di andare dove volevo e di parlare con chi volevo. No, non potevo ricevere nessuno, né a casa mia né nei lussuosi alberghi in cui alloggiavo, viaggiando per la Romania ed in tutto il mondo, quando il signor Nicu Ceausescu ed il suo potentissimo padre Nicolae mi esibivano, sfruttando la mia popolarità, come fiore all’occhiello del regime. Ho rischiato di morire quella notte, certo, ma ho conquistato la libertà, che è il bene più prezioso per tutti, ricchi e poveri. (Nadia Comaneci)

Intanto, poche settimane prima dalla fuga, nel dicembre 1989 cade il regime di Ceauşescu: il dittatore sarà giustiziato insieme alla moglie il 25 dicembre. Il figlio Nicu finirà in galera, ma sarà liberato nel 1992 per motivi di salute. Morirà nel 1996 di cirrosi epatica.

La fuga verso la libertà

Non è sola Nadia in quella fuga. Insieme a lei c’è Constantin Panait, un uomo gentile e buono, almeno all’apparenza, che la ginnasta conosce a Bucarest durante una festa e che gli offre il suo aiuto. Insieme riescono a scappare dal Paese e, dopo aver ottenuto asilo politico, si rifugiano a New York.

Ma quello non è l’inizio della sua nuova vita perché il salvatore dell’atleta, colui che l’ha aiutata a scappare, si trasforma presto nel suo nuovo aguzzino. Constantin la tiene reclusa: vuole trasformarla in una star e da questa trarne profitto. Non gli interessa dei sentimenti della ragazza, né tanto meno della sua libertà. Diventa così il suo manager, la trasforma in modella e testimonial, la fa lavorare tantissimo e la priva di ogni decisione. Non è un amico, non è un salvatore: è un altro dittatore, seppur meno influente, e Nadia è di nuovo intrappolata.

Una storia a lieto fine

Sono tanti gli impegni televisivi ai quali partecipa Nadia, l’ex stella della ginnastica artistica. Tra questi c’è anche uno show televisivo dove la campionessa è invitata a raccontare la sua fuga dal terrore. L’attenzione è alta: per i telespettatori americani si tratta di un appuntamento imperdibile e non solo per loro.

Per Nadia è solo l’ennesimo show da portare avanti, quello che ancora non sa però è che sarà proprio questo a cambiare la sua vita per sempre. Agli studi televisivi, il giorno della registrazione, si presenta Bart Conner, lo ginnasta americano che aveva conosciuto anni prima. Lui vuole sapere come sta, lui vuole ascoltare la sua verità. Lei, invece, sta cercando di ritrovare se stessa, ma non sa ancora come farlo.

È il 1990 quando Nadia e Bart si rincontrano. Sono passati 16 anni dalle Olimpiadi di Montreal del 1976 e lui le mostra una fotografia insieme scattata propio in occasione della gara. La complicità è presto ritrovata, i due diventano amici e lui l’aiuta a liberarsi dalla relazione tossica che sta vivendo con Constantin.

Iniziano a lavorare insieme e quattro anni dopo si fidanzano. Nel 1996 i due si sposano in Romania, proprio nella sua Bucarest, nella villa che era stata il suo carcere dorato, la stessa dove aveva cercato la morte. Torna lì per celebrare la ritrovata voglia di vivere, torna lì per consacrare la sua rinascita dopo gli anni terribili vissuti da schiava di Nicu Ceausescu, torna lì per gridare al mondo il suo amore per Bart. Nadia è viva, sta bene, è innamorata. Non è più perfetta, ma è felice come non lo è stata mai.

La Comaneci oggi è madre di Dylan Paul Connel, nato nel 2006 dall’amore con il suo Bart. È molto impegnata nel sociale. Inoltre gestisce insieme al marito un’accademia di ginnastica. Nel dicembre 2003 ha pubblicato il suo primo libro: Letters to a Young Gymnast. Oggi Nadia è felice e ha avuto il suo lieto fine.

Nadia Comaneci e il marito oggi (foto Getty)