Apnee ostruttive del sonno, cosa sono e come riconoscerle

Chi soffre di apnee ostruttive del sonno è più a rischio di deficit di memoria, malattie coronariche, diabete, ipertensione. Il sintomo da non sottovalutare

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Federico Mereta

Giornalista Scientifico

Laureato in medicina e Chirurgia ha da subito abbracciato la sfida della divulgazione scientifica: raccontare la scienza e la salute è la sua passione. Ha collaborato e ancora scrive per diverse testate, on e offline.

Immaginate una strada. Ogni tanto, lavori in corso impediscono il passaggio delle auto, in un senso unico alternato. Quindi si sta fermi, in attesa del via libera. In questa fase il motore si spegne. Qualcosa di simile accade a chi soffre di apnee ostruttive del sonno definite con la sigla Osa. In questo caso, c’è un’ostruzione parziale o totale lungo le vie anatomiche del respiro, in alto. Poco male si dirà. Ma non è così.

Questa condizione può essere alla base di sonnolenza diurna, stanchezza, deficit dell’attenzione e della memoria, e si associa ad un maggiore rischio di malattie cardiovascolari, neurologiche e metaboliche.

A lungo termine aumenta, per chi ne soffre, il rischio di ictus, ipertensione arteriosa, malattie delle arterie coronariche e aritmie, diabete. Individuare per tempo il quadro e prendere le opportune contromisure è quindi fondamentale. Ecco qualche consiglio.

Ascoltiamo il partner che russa

Chi russa, si sa, disturba. Ma in qualche modo il “ron-ron” va considerato anche come un problema di salute, specie se molto intenso. Pensate che il sintomo principale delle apnee ostruttive del sonno è certamente il russamento, quasi sempre molto intenso e, a causa dell’apnea, intermittente, la sonnolenza diurna, l’insonnia soprattutto legata ai risvegli precoci e alla difficoltà di riprendere sonno, affaticamento e difficoltà di concentrazione, nicturia (la tendenza ad alzarsi di notte per l’urgenza di urinare).

Tra le cause invece, certamente obesità e sovrappeso, ma anche alcune di natura anatomica: per esempio, una mandibola piccola, palati molto abbondanti o una lingua grossa possono contribuire a ridurre lo spazio aereo faringeo e ostruire le vie aeree superiori facilitando le apnee. Anche l’assunzione di alcol la sera può favorire l’insorgenza di apnee ostruttive, mentre le tonsille o le adenoidi possono esserne la causa in età pediatrica.

“L’Osa – spiega Giuseppe Insalaco, ricercatore presso il CNR/IRIB di Palermo – è una malattia che ha un grave impatto sulla qualità della vita di chi ne soffre e troppo spesso la diagnosi della patologia è ritardata.

Ottenere una corretta diagnosi, seguita da un monitoraggio ottimale degli eventi respiratori notturni e da un’efficace terapia, è condizione necessaria per incidere significativamente sulla qualità di vita correlata alla salute, migliorando le funzioni neurocognitive e la capacità di far fronte alle attività quotidiane, lavorative e di coppia. Sicuramente ciò che si può consigliare a quasi tutti i soggetti è un corretto stile di vita e lo svolgimento di attività fisica che anche se non risolvono il problema aiutano a migliorarlo”.

Importante arrivare presto

L’Osa ha un importante impatto sulla qualità della vita di chi ne soffre e dei suoi familiari. Purtroppo i pazienti, probabilmente per la carenza di strutture territoriali e specialistiche, incontrano numerose difficoltà ad arrivare dopo lunghi mesi di attesa ad una diagnosi certa.

“Molto spesso – ricorda Luca Roberti, presidente dell’Associazione Apnoici Italiani APS (AAI) – i pazienti arrivano ad una diagnosi e alla conseguente scelta terapeutica in tarda età, quando oramai la patologia è cronicizzata e sono emerse numerose comorbilità come l’ipertensione farmaco resistente, diabete di tipo 2 e problematiche cardiache.

Tuttavia, se opportunamente formati, i medici di medicina generale e i pediatri che gestiscono la popolazione sul territorio nazionale, possono diventare importanti sentinelle epidemiologiche, individuando potenziali casi di pazienti a rischio da indirizzare ai centri specialistici territoriali multi-disciplinari.

Ѐ necessaria una forte azione sinergica tra i decisori politici ed istituzionali, finalizzata ad aumentare la consapevolezza che questa patologia è una malattia sociale; è necessario inserire la patologia nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) e nel Piano Nazionale delle Cronicità (PNC); è necessario attivare percorsi diagnostici e terapeutici sul territorio nazionale, eliminare le diseguaglianze tra le regioni, migliorare la qualità di vita di tutte le persone affette da questa patologia”.

Perché sono un fattore di rischio

La presenza di apnee ostruttive nel sonno costituisce un fattore di rischio cardiovascolare, in particolare per l’ipertensione arteriosa sistemica, indipendentemente da altri fattori quali obesità, età e sesso. Secondo alcuni studi, circa la metà dei pazienti affetti da ipertensione arteriosa “essenziale” presentano un’ OSAS.

Le registrazioni polisonnografiche notturne hanno infatti documentato che durante e al termine di ogni apnea ostruttiva si verificano importanti modificazioni della dinamica cardiocircolatoria: la pressione arteriosa sistemica si riduce all’inizio dell’ apnea per poi aumentare progressivamente fino a raggiungere valori molto elevati al termine di ogni apnea. I pazienti con OSAS presentano quindi un profilo pressorio notturno “non-dipper”, in cui cioè non si verifica il fisiologico calo dei valori pressori durante il sonno (solitamente la riduzione deve essere di circa il 10 per cento rispetto ai valori della veglia prima del sonno). Nelle fasi avanzate di malattia, la pressione arteriosa sistemica rimane a livelli elevati anche in veglia.

Il sonno “spezzato” dalle apnee aumenta il rischio di diabete

A chiarire il rapporto tra apnee notturne e maggior rischio di diabete di tipo è una ricerca condotta all’Università di ZhengZhou, in Cina, coordinata da Dongseng Hu. Lo studio in pratica ha preso in esame una serie di ricerche che hanno correlato le due situazioni, ed è stato pubblicato sulla rivista Journal of Diabetes.

Stando all’analisi condotta dai ricercatori cinesi su più di 15 ricerche che hanno considerato poco più di 19.000 persone con diabete su un totale di quasi 340.000 soggetti esaminati, il rischio relativo nel corso di dieci anni circa di sviluppare diabete aumenta in presenza di apnee notturne del sonno ed appare correlato con la gravità di questi quadri e con la loro frequenza. Come a dire che chi aveva apnee più lunghe e ripetute le cosiddette “OSAS”, ha mostrato un rischio più alto di andare incontro a diabete, anche considerando la variabile legato al peso del soggetto che ovviamente incide sulla possibilità di sviluppare la malattia metabolica.

Le OSAS vere e proprio sono caratterizzate da un blocco del respiro che può andare da 10 secondi anche ad alcuni minuti ed ovviamente questa condizione, oltre a ridurre l’ossigenazione del sangue, impone uno sforzo particolare per recuperare la normale respirazione. Queste particolari condizioni sono ovviamente favorite dall’aumento di peso, dalla presenza di infiammazione ed infezioni di naso e gola – sappiamo bene come si dorma peggio in caso di raffreddore con il muco che chiude il naso – e dagli eccessi a tavola. In particolare quando si esagera con le bevande alcoliche la sera il pericolo di andare incontro ad apnee respiratorie notturne cresce.

Chi rischia di più?

Le OSAS vere e proprie, secondo le statistiche, interessano i maschi in numero doppio rispetto alle donne. Ma nel gentil sesso il quadro è particolarmente frequente dopo la menopausa. In totale si stima che due donne su cento, considerando tutte le età, debbano fare i conti con questa situazione.

Ovviamente i disturbi non sono tutti uguali, ma seguono una precisa scala che va ricordata. Il primo segnale d’allarme è il russamento, cioè un rumore inspiratorio legato al passaggio dell’aria attraverso vie aeree ristrette durante il sonno. Quando poi il restringimento delle vie aeree diviene più importante, si verificano delle alterazioni della respirazione durante il sonno più evidenti. Si può avere la chiusura completa (apnea) e parziale (ipopnea) del flusso aereo di bocca e naso, con riduzione del contenuto di ossigeno.

Per affrontare il quadro occorre prima di tutto studiare bene il sonno e valutare l’eventuale sonnolenza diurna, che a volte può essere presente anche se si è dormito (apparentemente) per un numero di ore sufficiente. Ad essa si associano irritabilità e mal di testa. L’esame chiave è la polisonnografia, che in pratica registra quanto accade nel cervello durante il riposo notturno. Per quanto riguarda la cura, oltre a controllare il peso e ad evitare alcolici la sera, è il medico che deve dare le indicazioni giuste per affrontare il quadro.

Apnea nel sonno dei bambini, come riconoscerla ed affrontarla

Il respiro che si ferma. Quando il bimbo sta dormendo. Poi, magari una sorta di sussulto. E il respiro che riprende, dopo una respirazione rumorosa. Solo che c’è un tempo, per fortuna breve, in cui il corpo ha più bisogno d’ossigeno. L’apnea, infatti, può anche portare a risposte come alterazione del ritmo del sonno ed altre manifestazioni che certo non aiutano il benessere ed il giusto riposo.

Se questo è il quadro generale delle apnee ostruttive nel sonno, le cosiddette OSAS, la scienza oggi ricorda che questi quadri non interessano solamente gli adulti, ma possono manifestarsi anche nei bimbi. E vanno riconosciuti perché una diagnosi tardiva e l’assenza di trattamento di questa sindrome durante il periodo evolutivo, comportano, nella popolazione adulta, un aumento della morbilità e della mortalità della popolazione affetta.  A ricordarlo sono gli esperti presenti ad un convegno promosso dalla sezione Emilia Romagna della SIPPS – Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale.

Così vanno affrontate le apnee nei bambini

Dormire è fondamentale. E per il giusto tempo. Ma non conta solamente la quantità del riposo. È importante anche la sua qualità. “Il sonno è un bisogno primario, ancor più per i bambini – spiega Susanna Esposito, Ordinaria di Pediatria Università di Parma e Presidente della SIPPS Emilia-Romagna.

Qualora risulti alterato, può avere un impatto rilevante sul benessere del bambino e potenziali ripercussioni nell’età adulta, con conseguenze di rilevanza sociale, compreso un aggravio dei costi sanitari dovuti alle conseguenti comorbilità cardiovascolari e metaboliche. L’applicazione a livello regionale delle direttive nazionali ed internazionali rappresenta una risposta ai bisogni di prevenzione ed assistenza per questa patologia multifattoriale, che necessita di un approccio multidisciplinare.

La cura e la terapia per l’OSA, infatti, coinvolgono necessariamente molti specialisti, tra cui il pediatra di famiglia, il pediatra pneumatologo esperto in disturbi respiratori nel sonno, l’otorinolaringoiatra, il neuropsichiatra infantile, l’ortodontista ed eventuali altri specialisti come il chirurgo maxillo-facciale”.

Quante persone colpisce in età pediatrica

La sindrome delle apnee ostruttive del sonno in età pediatrica è una patologia piuttosto frequente, caratterizzata da ostruzione parziale o completa, prolungata e intermittente delle vie aeree superiori, la quale provoca un’assenza di flusso respiratorio nella persona che ne soffre.

In età evolutiva il quadro interessa tra il 2 e il 6% della popolazione, con esordio prevalente tra il secondo e il sesto anno di età. Obesità, sesso maschile, severità dell’OSA rappresentano i maggiori fattori di rischio per la persistenza della patologia anche in età adulta.

Sopra i due anni di età le principali cause per l’insorgenza di questa patologia sono rappresentate dall’ipertrofia delle adenoidi e delle tonsille, l’eccesso di peso e i disformismi cranio-facciali, mentre tra gli 0 e i 23 mesi a favorire l’ostruzione sono soprattutto i fattori anatomici quali la forma del viso e anomalie del cranio, sindromi genetiche, ostruzioni nasali e faringee.

Come si manifesta e come si cura la OSA

“Tra i bambini – segnala Andrea Bergomi, Pediatra di famiglia AUSL di Modena, e Vice-presidente SIPPS Emilia-Romagna – questa patologia presenta sia sintomi diurni che notturni. Durante il giorno segnali indicativi possono essere respiro orale, irritabilità, voce nasale, rinite cronica, cefalea mattutina, scarsa concentrazione scolastica, rallentamento della crescita.

Durante la notte sono, invece, presenti russamento, pause respiratorie nel sonno, respiro orale, modificazione del colorito cutaneo, sensazione di soffocamento, paura e agitazione notturna, sudorazione intensa, insonnia. Se non trattata adeguatamente, l’OSA può condurre, anche in età pediatrica, a complicanze gravi a causa soprattutto delle ipossiemie intermittenti”.

La terapia dell’OSA in età pediatrica prevede un approccio medico-farmacologico a base di corticosteroidi topici nasali, mentre una terapia chirurgica, efficace nel 70-100% dei casi, è riservata al trattamento delle malformazioni cranio-facciali e dell‘ipertrofia adenoidea e/o tonsillare. Infine, la terapia ortodontica, finalizzata all’ampliamento del palato duro attraverso l’applicazione di un apparecchio ortodontico fisso, trova indicazione nei bambini con contrazione trasversale della mascella e malocclusione dentale.

Un trattamento precoce è essenziale per migliorare l’outcome (cioè l’esito) a lungo termine del bambino –  conclude la Esposito – soprattutto quando coesistono problematiche cognitive e/o comportamentali. I bambini non trattati presentano più spesso deficit cognitivi o delle funzioni neuropsicologiche, con conseguenze sullo stato dell’intelligenza generale e verbale, sulle funzioni esecutive e di apprendimento, sulla memoria, sul linguaggio, sulle capacità matematiche, sul pensiero astratto e analitico. È dimostrato che il trattamento delle OSA nei bambini che ne soffrono migliora le loro capacità cognitive e le performance scolastiche e sociali”.