Come (e perché) ridurre il consumo di zuccheri

Un eccessivo consumo di zuccheri semplici può essere dannoso per la nostra salute. Vediamo allora come limitarne l’assunzione

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Roberta Martinoli

Medico Nutrizionista

Dopo una Laurea in Scienze Agrarie e un Dottorato di Ricerca in Fisiologia dei Distretti Corporei, consegue una Laurea in Scienze della Nutrizione Umana e in Medicina e Chirurgia.

Cos’è lo zucchero

Lo zucchero è un carboidrato semplice formato da monosaccaridi (come il fruttosio che si trova comunemente nella frutta e il galattosio) e da disaccaridi come il saccarosio (il comune zucchero da tavola formato da due molecole di glucosio) e il lattosio (lo zucchero del latte formato da glucosio e galattosio). I carboidrati semplici sono presenti nella lista degli ingredienti di caramelle, sciroppi, bevande gassate, biscotti o altri prodotti da formo. I nutrizionisti si riferiscono a questa categoria di nutrienti con l’espressione di “calorie vuote” (empty calories) a sottolineare il fatto che si tratta di sostanze in grado di apportare un gran numero di calorie ma allo stesso tempo povere di valore nutrizionale. Non contengono infatti vitamine, minerali e fibre.

Alimenti ricchi di zuccheri

Tra gli alimenti a più alto contenuto in zuccheri vi sono quelli dell’industria alimentare: caramelle, biscotti e snack. Nell’etichetta nutrizionale, oltre a leggere l’apporto in macronutrienti (carboidrati, proteine, grassi) è possibile leggere la lista degli ingredienti. È allora interessante far notare che le tipologie di zuccheri usati dall’industria alimentare sono diverse e che a volte più di una tipologia compare nella formulazione di un unico prodotto. Vediamo di citarne alcune:

  • maltosio, che ritroviamo nella birra e nella produzione del pane;
  • maltodestrine, presenti in gelati e sorbetti, visto il loro potere addensante; presenti anche in prodotti confezionati (cibi pronti, liofilizzati) e negli integratori a uso sportivo;
  • destrine, che hanno usi simili a quelle delle Maltodestrine, possono finire anche nei farmaci, come eccipienti;
  • sciroppo di glucosio, usato particolarmente in pasticceria e gelateria, ma anche nei prodotti da forno;
  • sciroppo di fruttosio, sciroppo di fruttosio concentrato, sciroppo di glucosio-fruttosio, sciroppo di mais ad alto contenuto di fruttosio, sciroppo di amido con fruttosio: con queste sigle si indicano prodotti più o meno simili, che hanno uno scopo ben specifico, vale a dire quello di sostituire cioè lo zucchero nelle bevande dolcificate;
  • sciroppo di malto, considerato un dolcificante naturale, può essere di orzo, riso, mais o frumento;
  • succo zuccherato disidratato o evaporato.

Poiché però l’opinione pubblica è stata sensibilizzata sull’importanza di una dieta priva di eccessi, l’industria alimentare ha previsto la messa in commercio di:

  • alimenti basso contenuto di zuccheri, con non più di 5 grammi di zuccheri per 100 grammi se l’alimento è solido o con non più di 2,5 grammi di zuccheri per 100 ml in caso di bevande;
  • alimenti senza zuccheri, con non più di 0,5 grammi di zuccheri per 100 grammi o per 100 ml;
  • alimenti senza zuccheri aggiunti, in questo caso il prodotto non contiene zuccheri o ogni altro prodotto utilizzato per le sue proprietà dolcificanti; se l’alimento li contiene naturalmente si deve riportare sull’etichetta “contiene naturalmente zuccheri”.

Quanto zucchero assumere

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO) il consumo di zuccheri deve rimanere basso durante tutto il corso della vita. Meno del 10% dell’apporto calorico totale giornaliero deve provenire da zuccheri semplici. Tradotto in termini quantitativi questo significa che bisognerebbe assumere meno di 25 grammi al giorno di zuccheri semplici. Si stima invece che in chi consuma un’elevata quantità di alimenti industriali l’apporto in zuccheri possa variare dai 18 agli 85 grammi.

Perché ridurne il consumo

Vale la pena spiegare perché ridurre il consumo di zuccheri. Un eccessivo consumo di zuccheri semplici rappresenta un fattore di rischio per l’insorgenza di:

  • sovrappeso;
  • obesità;
  • carie dentali;
  • insulino-resistenza;
  • intolleranza alimentare al glucosio (prediabete);
  • diabete.

Un consumo costante di bevande gassate, particolarmente ricche in zuccheri semplici, apporta una quantità di calorie di gran lunga superiore al fabbisogno giornaliero. Generalmente chi si disseta con questo tipo di bevande ha la tendenza a mangiare poca frutta e poca verdura. Ne risulta una dieta assolutamente sbilanciata e povera di valore nutrizionale. L’incidenza delle carie dentali è in questo caso significativamente più alta.

Eccesso di zuccheri e infarto

Qualche anno fa è comparso sulla prestigiosa rivista Jama un articolo dal titolo Sugar Industry and Coronary Heart Disease Research. Nell’articolo si ripercorre la storia di come la ricchissima Sugar Association (l’associazione commerciale per l’industria dello zucchero negli Stati Uniti) abbia voluto dare minor risalto ad alcune rivelazioni scientifiche che avrebbero danneggiato il suo giro di affari. Nel 1950 gli Americani iniziarono a studiare le cause che portano allo sviluppo delle malattie coronariche. In quell’occasione venne analizzato il ruolo del colesterolo, dei fitosteroli, dell’eccesso calorico, degli amminoacidi, dei carboidrati (semplici e complessi) delle vitamine e dei sali minerali.

Dieci anni dopo due eminenti scienziati giunsero a conclusioni diverse: John Yudkin individuò negli zuccheri la causa delle malattie cardiovascolari mentre Ancel Keys (autore del The Seven Country Study e sostenitore della Dieta Mediterranea) ricondusse ai grassi, soprattutto a quelli saturi e al colesterolo, il ruolo determinante. E fu così che la Sugar Association si mise di mezzo e volle dire la sua. Ovviamente l’associazione aveva tutto l’interesse a far sì che l’ipotesi di Ancel Keys fosse quella considerata più attendibile. Complice l’industria alimentare e la lobby dello zucchero negli anni a seguire abbiamo spinto sul consumo di una dieta low-fat e high-carb (a basso contenuto di grassi e ad alto contenuto in carboidrati). Nel frattempo, però, l’incidenza delle malattie cardiovascolari è in crescente aumento.

La riflessione che scaturisce da questo breve racconto è che con buona probabilità abbiamo sbagliato dieta, stiamo sbagliando l’approccio farmacologico e stiamo lottando contro dei falsi nemici.
I grassi e il colesterolo non rappresentano un problema in assenza di infiammazione e di stress ossidativo. Ma se siamo cronicamente infiammati perché mangiamo troppo consumando una dieta eccessivamente ricca in zuccheri allora anche un valore di colesterolo nel range di normalità può innescare un danno coronarico.

Come ridurre il consumo di zuccheri

Vediamo qui di seguito una serie di strategie finalizzate alla riduzione del consumo di zuccheri.

  • leggere le etichette nutrizionali così da scegliere tra i prodotti a basso contenuto di zuccheri o senza zuccheri;
  • ridurre la quantità di zucchero da prevedere nelle ricette arrivando a dimezzarla; può essere vantaggioso l’utilizzo di ingredienti dotati di particolari aromi (vedi vaniglia, arancia o limone, cannella) in grado di esaltare il sapore e far notare meno la carenza di zucchero;
  • strutturare i pasti in modo che grassi, proteine e carboidrati siano ben bilanciati; il consumo di zuccheri semplici porta a una repentina elevazione della glicemia favorendo l’aumento del peso corporeo;
  • aumentare il consumo in fibre che rallentano la digestione dei carboidrati e l’assorbimento degli zuccheri aumentando allo stesso tempo il senso di sazietà;
  • aumentare il consumo di cibi ricchi in cromo e magnesio dal momento che questi due micronutrienti partecipano in qualità di cofattori al metabolismo degli zuccheri;
  • prevedere delle colazioni salate al posto di quelle dolci può contribuire a ridurre l’attrazione per i dolci modulando allo stesso tempo il valore della glicemia;
  • non bere succhi di frutta, neanche nella versione “senza zuccheri aggiunti” perché in ogni caso queste bevande rappresentano un concentrato degli zuccheri della frutta;
  • porre attenzione agli alimenti poveri di grassi perché solitamente hanno un contenuto in zuccheri semplici superiore alla media.