Come abbassare la pressione con l’alimentazione

L’ipertensione arteriosa è un problema che colpisce oltre il 30% degli italiani. L’alimentazione rappresenta il primo approccio terapeutico

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Roberta Martinoli

Medico Nutrizionista

Dopo una Laurea in Scienze Agrarie e un Dottorato di Ricerca in Fisiologia dei Distretti Corporei, consegue una Laurea in Scienze della Nutrizione Umana e in Medicina e Chirurgia.

La pressione alta

Una pressione arteriosa più alta della norma può comportare un aumentato rischio di andare incontro a malattie cardiovascolari. I valori pressori considerati normali sono stati stabiliti da organizzazioni mediche internazionali e variano in rapporto all’età.

Nei soggetti di età superiore ai 45 anni si parla di ipertensione sistolica per livelli di pressione massima superiori o uguali a 160 millimetri di mercurio e di pressione sicuramente normale per valori di pressione massima inferiore o uguale a 140 millimetri di mercurio. In caso di valori compresi tra 160 e 140 millimetri di mercurio si parla di una ipertensione borderline.

Per i soggetti di età inferiore ai 45 anni la pressione massima viene considerata sicuramente normale al di sotto dei 130 millimetri di mercurio. Per quanto riguarda la pressione minima si parla di ipertensione diastolica per valori superiori o uguali a 90 millimetri di mercurio.

Cause

Diversi sono i fattori che possono alterare i valori pressori. Vi è una chiara associazione con l’età: di norma l’ipertensione compare nei soggetti adulti ed è più frequente nelle fasce di età più avanzate. È in relazione al peso corporeo: in caso di obesità e di concomitante sindrome plurimetabolica la pressione tende ad alzarsi significativamente. È evidente, inoltre, che esiste una genetica predisponente, tant’è che figli di soggetti ipertesi hanno più probabilità di sviluppare a loro volta un’ipertensione.

Non vi è dubbio, infine, che un ruolo chiave è quello svolto dalla dieta. In particolar modo vi è una forte relazione tra ipertensione e apporto dietetico di sodio. È stato stabilito che il fabbisogno minimo di sodio per un adulto è di circa 400 milligrammi al giorno. La dieta tipica dei paesi occidentali (Western Diet) ne contiene una quantità da 10 a 25 volte superiore. Un terzo di questo quantitativo è quello che viene aggiunto durante la preparazione dei pasti. Gli altri due terzi, invece, fanno parte del contenuto naturale degli alimenti.

La dieta DASH

DASH è un acronimo che sta per Dietary Approaches to Stop Hypertension. Si tratta di un modello alimentare messo a punto proprio con lo scopo di ridurre i valori pressori in chi già manifesta uno stato ipertensivo e di prevenire l’insorgenza dell’ipertensione arteriosa in chi non ne è ancora affetto. La caratteristica di questo tipo di dieta è di essere ricca di alimenti che apportano potassio, calcio e magnesio. Allo stesso tempo viene posto un limite al consumo di alimenti ricchi in sodio, in grassi saturi e in zuccheri semplici.

Alcuni studi hanno documentato che la dieta DASH è in grado di ridurre i valori pressori in meno di due settimane. Oltre a ridurre la pressione la dieta DASH abbassa i livelli di colesterolo LDL (anche noto come colesterolo cattivo). Se si considera che la pressione alta e gli elevati livelli di colesterolo LDL sono i due principali fattori di rischio per l’insorgenza di malattie cardiovascolari, allora si può comprendere l’importanza della prevenzione che passa necessariamente attraverso la dieta e lo stile di vita.

La dieta DASH è caratterizzata da un apporto in sale significativamente più basso rispetto a quello di una tipica dieta occidentale (da 1500 a 2300 milligrammi al giorno, meno di un cucchiaino).

Cosa mangiare

La dieta DASH è particolarmente ricca di verdura, frutta e cereali integrali. Include, inoltre, latticini a basso contenuto in grassi, pesce, carni bianche, legumi e frutta oleosa (noci, nocciole, mandorle, pistacchi).

Una dieta DASH da 2000 chilocalorie potrebbe essere strutturata secondo questo schema:

  • Colazione: fiocchi di avena, oppure pane multi-cereali integrale 80 grammi; frutta fresca di stagione 250 grammi; yoghurt o kefir da latte parzialmente scremato (125-170 grammi); noci o nocciole o altra frutta oleosa 20 grammi;
  • Spuntini: frutta fresca di stagione 250 grammi; noci o nocciole o altra frutta oleosa 20 grammi; cioccolato extra fondente (a partire dall’85% in cacao);
  • Pranzo e cena: cereali integrali o pasta da farine integrali; verdure cotte e crude (porzioni dai 100 ai 200 grammi); pesce o carne da animali di piccola taglia allevati con modalità estensiva (polli e galline ruspanti, conigli, tacchini); più raramente (una volta alla settimana) carni rosse da animali allevati al pascolo; le porzioni variano in relazione al peso corporeo e possono andare dai 150 ai 300 grammi per il pesce e dai 120 ai 200 grammi per la carne; in alternativa alla carne possono essere previsti i legumi (ceci, fagioli, lenticchie, piselli, fave, cicerchie) il cui peso varierà dai 120 grammi ai 240 grammi (il peso si riferisce ai legumi già reidratati come quelli in barattolo, ai legumi surgelati oppure a quelli freschi);
  • Condimenti: è bene considerare come condimento l’olio extravergine di oliva (anche noto come olio evo) ottenuto da olive prodotte in Italia e mediante spremitura a freddo; il quantitativo da usare va dai 20 grammi ai 50 grammi a seconda del fabbisogno calorico (da 2 a 5 cucchiai da tavola da ripartire tra il pranzo e la cena);
  • Alimenti ricchi in zuccheri semplici quali miele, marmellata, vengono consumati raramente.

Consigli per limitare il consumo di sale

  • Fare un ampio uso di spezie al posto del sale;
  • Non aggiungere sale durante la cottura della pasta, del riso o di altri cereali;
  • Limitare il consumo di carni conservate (affettati, carne in scatola, tonno o sgombro in scatola);
  • Leggere con attenzione le etichette nutrizionali degli alimenti e scegliere anche in base al più basso contenuto in cloruro di sodio.

Se all’inizio queste limitazioni possono sembrare difficili da adottare, si può ridurre con gradualità l’apporto in sale tenendo conto che le nostre papille gustative si abituano con il tempo a sapori più delicati.